Claudio Venza (1946-2022)

Storico insigne, considerato fra i massimi esperti delle vicende della Spagna contemporanea, leader anarchico, giornalista appassionato e anima del periodico libertario Germinal, Claudio Venza ha concluso la sua vita terrena nelle scorse ore.
Ricordiamo il suo impegno nel rendere omaggio all’intellettuale anarchico milanese Paolo Finzi, scomparso nel 2020 (qui la registrazione di una conversazione a questo proposito), la calda ospitalità rivolta a Redazione aperta nel giardino della sua casa a Muggia Vecchia per parlare dell’insorgere dei fascismi e della guerra civile spagnola, il suo impegno civile che ne ha fatto un maestro di libertà, di misura e di moralità.
Al momento del congedo il gesto semplice di donare un frutto colto dall’albero del suo giardino segnava un sentimento di profonda amicizia.
Sempre attento e disponibile, Venza era capace di donare le sue conoscenze senza mai farle cadere dall’alto ed era capace di dare corpo all’insegnamento dell’eroe della guerra spagnola Umberto Tommasini, l’anarchico triestino che si era battuto nella Catalogna libera contemporaneamente contro i fascisti e contro gli stalinisti: “Bisogna essere intransigenti nelle idee e tolleranti con le persone”.
Fra i suoi ultimi interventi, Venza aveva ripreso con vigore una chiara, scomoda e oggi poco ricordata testimonianza di Primo Levi: “Il nazismo in Germania – aveva detto l’autore di Se questo è un uomo – non è stato altro che la metastasi di un tumore proveniente dall’Italia. Un tumore che ha condotto alla morte la Germania e l’Europa. Pochissimi ora riescono a ricollegare quel filo conduttore che lega le squadre fasciste d’azione degli anni Venti in Italia con i campi di concentramento e con il fascismo di oggi, a cui manca soltanto il potere per tornare a essere quello che era: la consacrazione del privilegio e della diseguaglianza”.

(Nell’immagine di Giovanni Montenero, il professor Claudio Venza mentre distribuisce sul Campo San Giacomo il periodico anarchico Germinal, assieme ai giornalisti triestini Miro Oppelt e Guido Vitale)