DAI GIORNALI DI OGGI
Bokertov 4 aprile 2024

«Non possiamo essere descritti come dei don Abbondio, né si può dire che è una forma di debolezza quella di favorire il dialogo dentro gli atenei. Ci vuole più coraggio a non mettersi al sicuro da una parte o dall’altra che a scegliere una posizione», sostiene la presidente della Conferenza dei rettori Giovanna Iannantuoni in una intervista con il Corriere della Sera sui fermenti anti-israeliani nelle università italiane. Iannantuoni dice di non pensare «che gli atenei siano lassisti» e ritiene che assicurare quella che definisce «un’attitudine di equilibrio» sia «una questione di responsabilità».

Nella stessa pagina il direttore del dipartimento di Scienze politiche e sociali dell’Università di Torino Francesco Ramella difende la scelta del Senato accademico di sospendere il bando di collaborazione con Israele accogliendo le richieste di studenti propal che hanno fatto irruzione nell’aula dove era in corso una riunione. Secondo Ramella, la scelta del Senato non avrebbe «niente a che fare con “cedimenti” o mancanza di dignità delle università», ma sarebbe dettata «dalla volontà di mantenere aperti i canali di dialogo con gli studenti che sono disponibili al confronto».

Si schiera per il boicottaggio di Israele il fisico Carlo Rovelli. «Quando un governo segue politiche che una maggioranza del mondo ritiene moralmente offensive, il boicottaggio è uno strumento di pressione politica», dice alla Stampa. A detta di Rovelli, non nuovo a prese di posizione contro Israele, «brandire la clava dell’accusa di antisemitismo contro dei giovani generosi che si indignano per 30 mila morti e per la situazione disperata di milioni di esseri umani non è combattere l’antisemitismo: è alimentarlo».

«Il Pd colpevolmente confuso su Israele», accusa il Foglio, riportando le dichiarazioni del responsabile Università della segreteria nazionale del partito Alfredo D’Attorre per il quale «è del tutto legittimo che gli organi di governo degli atenei si interroghino rispetto a forme di cooperazione tecnologica che siano espressamente dual use (civile e militare) o che possano prevedibilmente avere ricadute applicative in ambito bellico».

Repubblica traduce un intervento sul New York Times a firma dello chef José Andrés, il fondatore di World Center Kitchen. «Non si possono salvare gli ostaggi bombardando ogni singolo edificio di Gaza. Non si può vincere questa guerra affamando un popolo intero», scrive Andrés. «Accogliamo la promessa fatta dal governo di condurre un’indagine per stabilire chi e come ha ucciso alcuni membri della famiglia di World Central Kitchen».

«Al momento entrano a Gaza 126 camion di cibo ogni giorno», riporta il Foglio, in un articolo in cui si confuta la tesi per la quale Israele sarebbe carente negli aiuti. «L’intelligence israeliana stima che Hamas rubi il 66 per cento degli aiuti destinati ai civili per rivenderli sul mercato nero».

Sulla guerra a Gaza il Corriere della Sera intervista l’esperto israeliano di sicurezza Kobi Michael. «Se loro hanno assassinato 1200 israeliani noi possiamo ammazzare 1200 palestinesi? Credo che la risposta debba essere proporzionale al danno militare subito e la nostra lo è», sottolinea Michael. «Se il problema sono gli ospedali, le scuole, le moschee, allora ribatto che quegli edifici sono usati come basi militari o per lanciare razzi».

Il Sudafrica «è diventato il Paese guida nell’accusare Israele di genocidio», racconta il Corriere nel suo corsivo del giorno. Al tempo stesso, si legge, è «quello che accoglie una delle più vivaci comunità ebraiche», con il paradosso che proprio «questa comunità ha fornito leader e idee negli anni dell’apartheid». Difatti, viene evidenziato, alcuni ebrei sudafricani sono stati tra i pochi bianchi «a sfidare il regime segregazionista».