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Parigi, l’anno del coraggio

dossierA pochi giorni dai drammatici fatti di Parigi il giornale dell’ebraismo italiano Pagine Ebraiche pubblica sul numero di dicembre prossimamente in distribuzione un ampio dossier (curato da Ada Treves) e vari servizi. Dal racconto del giornalista israeliano inviato nelle viscere …

eroi…

Cosa dire di una società che disperata, ammutolita, trucidata da una violenza inaspettata eppure annunciata si ritrova a rendere eroi persino i cani? Quando i figli che credevamo aver educato nei nostri valori e con i nostri ritmi d’occidente si …

…oblio

I momenti di riflessione a cui partecipo con gli studenti delle scuole quando si parla di Shoah, di nazismo, di sterminio, si incentrano su due elementi che non finiscono di sorprendere sia gli studenti, sia gli intellettuali che animano il …

“Insicurezza, ecco come si vince”

barkatCinque consigli. Perché l’angoscia lasci spazio ai sorrisi e a sentimenti ed emozioni positive. Perché il terrore venga sconfitto anche dalla normalità cui una grande capitale d’Europa come Parigi non può rinunciare. A fornirli è Nir Barkat, primo cittadino di …

Je suis Paris – Le analisi da Israele
Terrorismo, le strategie europee
e il dilemma delle frontiere

Schermata 2015-11-15 alle 13.09.52Non solo la Francia ma l'Europa intera deve cambiare rotta sulla sicurezza se vuole prevenire ulteriori attacchi terroristici, che comunque continueranno. Dovendo sintetizzare il pensiero delle diverse analisti pubblicate in queste ore dai media israeliani riguardo ai fatti di Parigi, si potrebbero parlare di appelli e al contempo moniti al Vecchio Continente di cambiare strategia. “L'Europa dovrà prendere il pieno controllo dei suoi confini e dovrà affrontare in modo coraggioso il dilemma che contrappone la tutela dei diritti umani e individuali a una generalizzata necessità di sicurezza – scrive su Yedioth Ahronoth l'analista Ron Ben-Yishai – Finora i paesi dell'Unione Europea hanno preferito, e non possono essere condannati per questo, la libertà individuale dei propri cittadini rispetto alla difesa contro il terrorismo”.

Libertà, un destino comune

Schermata 2015-11-15 alle 13.27.24"Nous sommes Paris". Siamo Parigi: ieri, oggi, domani. Perché essere Parigi significa essere dalla parte della civiltà e della democrazia, contro ogni barbarie.
Questo il messaggio che la redazione ha voluto diffondere realizzando in tempi strettissimi un'edizione straordinaria del proprio notiziario quotidiano, pubblicata ieri sera a poche ore dal termine dello Shabbat.
Parte da un simbolo del legame indissolubile tra Italia e Francia, il monumento romano che riprende la nave presente nello stemma parigino, la riflessione del direttore Guido Vitale: "Veleggia in cima a una colonna là dove si apre il Castro Pretorio, lambisce verso il cielo le finestre dell’Ordine nazionale dei giornalisti, la fiancata del Grand Hotel, il mattonato della chiesa di Maria degli angeli. Quel vascello corazzato, che dispiega in solitudine le vele di bronzo, da lì in alto benedice il passaggio dei giovani colleghi giornalisti che vanno senza degnarlo di uno sguardo a sostenere emozionati la prova di abilitazione professionale. E assiste impassibile alla tempesta disordinata della nostra vita di romani, il tumulto del traffico, i semafori impazziti, le soste vietate, le corse azzardate".

La forza di non affondare

disegnoFluctuat nec mergitur. È battuta dalle onde, ma non affonda. È il motto della città di Parigi e della nave a vele spiegate che costituisce il suo stemma, ma anche quello della mobilitazione delle ore che sono seguite agli attentati che hanno sconvolto la notte della capitale francese, colpita dal terrorismo nel suo cuore più pulsante. Al risveglio i parigini lo hanno ritrovato in place de la République sotto forma di nuovo, gigantesco, graffito dipinto da un collettivo di artisti, per ricordare loro quanto sono forti. E tutti i navigatori in rete lo hanno rivisto nelle vignette cariche di collera e allo stesso tempo di tenerezza di Joann Sfar, autore del celebre fumetto Le Chat du rabbin, che ha pubblicato una serie di dodici disegni sul suo profilo Instagram. Per lui quelle parole in latino dal valore antico significano guardare la morte con sufficienza e andare avanti a testa alta, perché è questo che ha sempre fatto Parigi.

La vela di Parigi

fotookVeleggia in cima a una colonna là dove si apre il Castro Pretorio, lambisce verso il cielo le finestre dell’Ordine nazionale dei giornalisti, la fiancata del Grand Hotel, il mattonato della chiesa di Maria degli angeli. Quel vascello corazzato, che dispiega in solitudine le vele di bronzo, da lì in alto benedice il passaggio dei giovani colleghi giornalisti che vanno senza degnarlo di uno sguardo a sostenere emozionati la prova di abilitazione professionale. E assiste impassibile alla tempesta disordinata della nostra vita di romani, il tumulto del traffico, i semafori impazziti, le soste vietate, le corse azzardate.
Ferma lassù, nel cielo di Roma, quella nave di ferro che ci dimentichiamo sempre di considerare, è un dono del gemellaggio fra la Città eterna e la Città della luce, è il simbolo di Parigi, e proprio per questo a Roma l’hanno ancorato fra le nuvole in prossimità della via Parigi. Per ricordare questa bella alleanza fra le due città senza le quali l’Europa non sarebbe l’Europa, abbiamo messo in piazza proprio quell’imbarcazione che costituisce il fregio della capitale francese. La collega Francesca Matalon racconta ora con un articolo di grande interesse la storia e il significato di questo simbolo, ma soprattutto nel motto “Fluctuat nec mergitur” (Fende il mare in tempesta senza mai affondare), che lo accompagna immancabilmente.
È un gran peccato che i manovali della morte arrivati a sterminare i ragazzi del Bataclan, quelli che si godevano una serata al ristorante, quelli che erano andati allo stadio, non ne fossero consapevoli. Hanno seminato indicibile dolore, ma ben difficilmente potranno spezzare gli alberi di questo vascello che chiamiamo Parigi. Non ci sono riusciti i nazisti, non ci riusciranno loro.
A noi, intanto, il dovere di prendere atto del vero volto del terrorismo che ci troviamo ad affrontare.
Sapevamo già della sua valenza profondamente antisemita, e il servizio della collega Ada Treves documenta ora nei particolari come proprio il Bataclan fosse da tempo nel mirino degli attivisti che si nascondono dietro a una difesa di comodo dei diritti del popolo palestinese per mandare avanti la loro contabilità di distruzione e di morte. Sapevamo che odiano gli ebrei e vogliono soffocare la libertà d’espressione e la libertà di stampa.
Oggi sappiamo, non possiamo far finta di non sapere, quello che avremmo dovuto sempre sapere. Questa gente intende porre una minaccia mortale all’intero mondo democratico, all’intera civiltà europea. Perché l’odio antiebraico non è mai fine a se stesso. Costituisce piuttosto una forma di rigetto e di abissale incapacità nei confronti della vita, dell’amore, della libertà, della cultura.
Chi vuole continuare ad ascoltare musica, chi vuole essere libero di andare allo stadio, di farsi due passi, di mangiare al ristorante, di studiare, di amare, davanti a questa dichiarazione di guerra deve decidere con chiarezza e spazzare via ogni sussulto di odio antisemita. È questa la migliore, l’unica possibile difesa dei valori che fanno bella l’Europa e che fanno bella Parigi. Dei valori che ci consentono di stare assieme.
Ma se la lezione di Parigi è in effetti determinante per ogni società che vuole continuare a credere nel futuro e nella vita, resta un passaggio importante anche per il mondo ebraico.
Ora possiamo comprendere che quello che sta avvenendo ci impone la conquista di una grande maturità e un vero e proprio salto di qualità nel nostro modo di stare assieme.
La difesa dell’identità e la sicurezza non potranno certo passare attraverso quella mutazione avvelenata che proprio le forze del terrore sperano di ingenerare. Non siamo e non potremo mai davvero essere una piccola minoranza accerchiata, incapace di vivere la gioia della vita quotidiana e della nostra identità, in balia di duci cinici e cialtroni, carica d’odio e di desiderio di vendetta.
Al contrario, è proprio restando noi stessi, conducendo rettamente la nostra vita quotidiana, vivendo appieno la gioia della vita ebraica autentica, dei valori di rettitudine, tolleranza e amore per lo studio che abbiamo ricevuto integri in consegna dalle generazioni che ci hanno preceduto, reagendo con estrema, inflessibile durezza, ma senza odio a ogni aggressione, che l’ebraismo della Diaspora e l’ebraismo di Israele vinceranno uniti la terribile sfida che si trovano di fronte.
L’attacco generalizzato a un’intera civiltà, di cui siamo da sempre orgogliosi protagonisti, ma di cui condividiamo i valori e la responsabilità con l’insieme dei cittadini, impone al mondo ebraico di rafforzare relazioni solide e trasparenti con le istituzioni e con l’opinione pubblica, di costituire per tutti un modello di rettitudine e di misura, di fornire esempi di concordia, di solidarietà, di rigoroso rispetto dei ruoli e delle responsabilità.
Lo stesso esempio di unità e solidarietà che la società civile in Francia, stretta coerentemente attorno al Primo ministro Hollande come al gran rabbino di Francia Haim Korsia, sta offrendo in queste ore strazianti a tutto il mondo.
Solo così potremo raccontare un giorno alle nuove generazioni di aver visto anche noi nel mare in tempesta brillare le aspre vele metalliche di quel vascello che reca nella stiva i destini e le speranze di tutti i cittadini. La nave di Parigi che con la sua prua deve fendere ad ogni costo l’odio e la minaccia. L’unica che può condurci a testa alta a un sicuro approdo.

gv