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I 90 ANNI DELLA SENATRICE A VITA E TESTIMONE DELLA SHOAH

Liliana Segre, un modello per l'intero paese
nella lotta all'odio e all'indifferenza

Una gamba davanti all'altra. Per superare l'orrore di Auschwitz. Una gamba davanti all'altra per tornare nella sua Milano e ricostruirsi una vita; per portare in tutta Italia la sua testimonianza. Per entrare a testa alta al Senato e sedersi negli scranni che nel 1938 sbatterono la porta in faccia a lei e a tutti gli ebrei italiani. Una gamba davanti all'altra fino a compiere 90 anni ed essere salutata e ringraziata da un intero paese. Liliana Segre, nonna – come spesso si definisce - di milioni di giovani, tocca un nuovo traguardo e l'intero paese le rivolge i suoi auguri, e così l'ebraismo italiano e questa redazione. Su queste pagine abbiamo raccontato come alle diverse manifestazioni con Segre, l'intera platea si sia sempre alzata in piedi per renderle omaggio. La dimostrazione di come le sue parole contro l'odio, contro l'indifferenza, la sua testimonianza di sopravvissuta ad Auschwitz, abbiano colto nel segno.

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I 90 DELLA SENATRICE A VITA - LA GRANDE INTERVISTA A PAGINE EBRAICHE

"Testimoniare? Una importante scelta di vita"

Un dialogo consolidato nel tempo, quello tra la Testimone della Shoah e senatrice a vita Liliana Segre e la redazione di Pagine Ebraiche. Un esempio di questo confronto, l'intervista firmata da Rossella Tercatin alcuni anni fa, in cui Segre raccontava tra le altre cose il significato per lei di portare la propria voce nelle scuole e raccontare la sua terribile esperienza ad Auschwitz.

Quale presente, quale futuro per la Memoria? Come correre ai ripari dal rischio di cadere nella retorica vuota, dagli effetti della diffusa ignoranza della Storia? Nella sua bella casa milanese, a raccontare il significato più autentico dell’impegno per il ricordo è Liliana Segre, che fu deportata ad Auschwitz quando aveva solo 13 anni e dopo decenni di silenzio, è diventata una delle voci più ascoltate e potenti sugli anni bui della storia europea.

Liliana Segre, sono passati 14 anni dalla nascita del Giorno della Memoria. Come valuta la sua istituzione?
Noi che abbiamo vissuto la Shoah, non dovevamo certo aspettare questa Giornata per ricordare. Tuttavia bisogna sottolineare che il Giorno della Memoria ha risvegliato interesse per l’argomento e soprattutto messo gli insegnanti in condizione di occuparsene. Poi si possono dire tante cose. Forse è vero che negli anni si è arrivati a un’overdose di eventi.

Rossella Tercatin, Pagine Ebraiche, marzo 2014

(Ritratto di Giorgio Albertini)

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I 90 ANNI DELLA SENATRICE A VITA - LE CARTE DI FAMIGLIA 

Liliana Segre e l’archivio delle ferite

Nell’appartamento di corso Magenta 55 la piccola Liliana si divertiva a correre con il suo triciclo percorrendo i lunghi corridoi tra le stanze. Il padre Alberto, subito dopo esser rimasto vedovo, aveva preso assieme ai genitori Giuseppe e Olga i due appartamenti a poca distanza dal Castello Sforzesco, unendoli in un’unica grande casa, di cui Liliana era la principessa. “Ho vissuto lì da quando avevo un anno e mezzo fino ai dodici, quando ci sfollarono. In quella casa io ero La bambina. Ero molto vivace. Correvo con il monopattino o la biciclettina attraverso il lungo corridoio. E ricordo che facevo molta attenzione a ciò che stava attorno a me: ho fotografato nella mente la disposizione dei mobili di quell’appartamento. Potrei disegnarli, anche a distanza di così tanti anni. Non mi servono elenchi o carte”.
Quasi ottant’anni dopo, grazie al prezioso lavoro dell’Archivio storico del Gruppo Intesa Sanpaolo, elenchi e carte riguardanti i beni della famiglia Segre sono tornati alla luce: ci sono le pratiche con i nomi dei nonni di Liliana, Giuseppe Segre e Olga Löwy e dello zio Amedeo Segre, vi è il decreto di confisca e il verbale di presa in consegna dell’immobile di corso Magenta con l’elenco dettagliato delle cose al suo interno e il loro valore. 

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L'ULTIMO SALUTO AL GRANDE LEADER E STUDIOSO  

“Amos Luzzatto, Morè di tutti noi”

È usanza a Venezia, per l’ultimo saluto, scortare la salma di chi ci ha lasciato in Campo del Ghetto. Farle fare un ultimo “giro”, renderle un ultimo pubblico omaggio nel luogo che da cinque secoli è il cuore della vita ebraica in Laguna. Prima spazio di costrizione e poi di rinascita. Ma sempre, anche nelle condizioni più avverse, straordinario laboratorio di produzione culturale e di proiezione universale dei plurimillenari valori ebraici. 
Un impegno che è stata la cifra dell’intera esistenza di Amos Luzzatto. A testimoniarlo la folla che si è oggi ritrovata, con grande commozione e compostezza, in quegli spazi. E l’ha poi accompagnato ad onorare un’altra tradizione tipica della Venezia ebraica: la sosta davanti a quella che è stata la sinagoga di “famiglia”. Nel caso di Luzzatto, la Scola Grande Tedesca. La più antica del complesso delle cinque sinagoghe del Ghetto, fondata all’inizio del Cinquecento dagli ebrei di origine ashkenazita. 
In piazza, a scortare il feretro, rappresentanti delle istituzioni, leader di comunità religiose, tanti comuni cittadini. Tra la folla il sindaco Luigi Brugnaro e il sottosegretario Pier Paolo Baretta. 
A ricordare l’indimenticabile segno lanciato da Luzzatto nella sua lunga vita e nei suoi anni di impegno in campo ebraico che lo videro anche alla presidenza dell’UCEI dal 1998 al 2006 sono stati poi il presidente della Comunità ebraica locale Paolo Gnignati; il rav Roberto Della Rocca, direttore del Dipartimento Educazione e Cultura dell’Unione e già rabbino capo di Venezia; la presidente UCEI Noemi Di Segni. 
Amos Luzzatto sarà ora sepolto nel cimitero ebraico di Padova, città con cui ebbe un profondissimo legame che deriva anche dalla sua storia familiare e dai molti straordinari personaggi che la popolano. Dal bisavolo Samuel David Luzzatto, il celebre Shadal, al nonno materno Dante Lattes. 

Di seguito l’intervento della presidente Di Segni:

Signora Laura, Alisa, Gadi e Michele, autorità e amici
sono qui assieme a tutte le comunità ebraiche italiane per accompagnare il professor Amos Luzzatto nella sua ultima strada. Tutti “presenti” a questo momento di saluto e commiato. Esattamente con le stese parole che usa la Bibbia che lui tanto amava e studiava – siamo tutti Nizavim, dai presidenti, ai forestieri, dall’artigiano al giudice, tutto un popolo raccolto ora e qui. Tutti presenti, chiamati, venuti, per testimoniare quanto ha donato e fatto nella sua vita, quel che è stato fatto per le persone e per le istituzioni che lo hanno visto parte inseparabile di sé. Un Morè, un Maestro. Direi che si tratta del termine più alto che possa esistere nell’ebraismo per riconoscere ad una persona la capacità di guidare, di unire, di ascoltare, di trasmettere e insegnare ad essere ebrei e cittadini di una Italia ricostruita e una Europa unita. Di sfidare, di essere coerente ed essere da esempio. Stiamo qui salutando il nostro Maestro riconoscendogli ancora una volta, ma non sarà l’ultima, le qualità umane, morali, relazionali e quelle intellettuali e culturali. Spessore e capacità rare che oggi con la sua scomparsa lasceranno smarrito un popolo intero.

Noemi Di Segni, Presidente UCEI 

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I DIECI ANNI ALLA GUIDA DELLA RASSEGNA MENSILE DI ISRAEL

"Riappropriamoci della cultura ebraica"
La lezione di Amos Luzzatto

Fra i numerosi incarichi che Amos Luzzatto z.l. ha ricoperto nella sua lunga attività in campo ebraico va certamente ricordato quello, fra il 1997 e il 2007, di Direttore della Rassegna Mensile di Israel (RMI), la più importante sede di dibattito culturale dell’ebraismo italiano fondata nel 1925 da Dante Lattes e Alfonso Pacifici. Il rabbino Lattes, che della RMI fu a lungo direttore, era il nonno materno di Amos, e il suo primo e più amato Maestro di lingua e cultura ebraica, colui che, come ricorda Amos nell’editoriale d’inizio della sua direzione, nel gennaio ’97, gli fece “capire e amare il Tanakh e il Midrash” e il cui ricordo lo spronò a cercare di dare un contributo, anche attraverso la Rassegna, “alla cultura ebraica in Italia e alla trasmissione della sua conoscenza”. Questo era il programma editoriale di Amos Luzzatto, e in quest’ottica una innovazione sotto la sua direzione fu di introdurre ogni volume con “un Devar Torah presentato da un competente, che non sarà sempre e necessariamente un Rabbino”. Lo studio della cultura ebraica (e della lingua) era infatti per Amos il presupposto inderogabile per acquisire una vera coscienza ebraica: “abbiamo mille motivi che ci spingono a riappropriaci con entusiasmo della nostra lingua e della nostra cultura, trascurate per alcune generazioni. Riappropriarcene è un dovere generale e non può essere delegato solo a una eletta schiera, per esempio ai soli Rabbini”, è un dovere di tutti, come scriveva in un editoriale del settembre 2002. E nell’editoriale di commiato, nel gennaio 2007, ribadiva: “Dobbiamo riprendere a studiare. Dobbiamo cessare di delegare ad altri questo compito, che si chiamino Maestri, intellettuali, Rabbini, scrittori. Neppure loro possono espletare il proprio lavoro in mezzo a un pubblico indifferente…”.

Rav Gianfranco Di Segni,
a nome della Redazione della Rassegna Mensile di Israel
 

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LE REAZIONI ALLA SCOMPARSA DEL GRANDE STUDIOSO

“Amos Luzzatto, leader e uomo straordinario”

Numerose le reazioni alla scomparsa di Amos Luzzatto. Dalle istituzioni ai leader comunitari, la partecipazione al lutto dei tanti che, nei suoi anni alla guida dell’ebraismo italiano, ma anche in qualità di raffinato e proficuo divulgatore, hanno avuto modo di apprezzarne le qualità umane, la coerenza dell’azione, l’incisività dei tanti impegni lanciati a difesa dei valori di tutti.
L’Assemblea Rabbinica Italiana scrive: “L’Ari partecipa fortemente al dolore della famiglia e al compianto di tutto l’ebraismo in Italia per la scomparsa del professore Amos Luzzatto. Luzzatto ha avuto importanti incarichi di guida delle istituzioni ebraiche fino alla Presidenza per diversi anni dell’Ucei, rappresentando l’ebraismo italiano con grande dignità, saggezza e profonda cultura ebraica. Ne ricordiamo il vivace impegno di tutta la vita in diversi campi della cultura ebraica, che si è manifestato anche con intensa attività letteraria, interpretando con originalità di pensiero l’eredità di vita e di studi ebraici ricevuta dai suoi avi. Yehi zikhro’ baruch. Il suo ricordo sia di Benedizione”.
Grande il dolore degli ebrei veneziani, con la leadership comunitaria che ha condiviso la seguente nota: “Il presidente, il rabbino capo, il Consiglio e l’intera Comunità partecipano la perdita del professor Amos Luzzatto. Già presidente della Comunità di Venezia e dell’Unione delle Comunità Ebraiche d’Italia. Figura centrale dell’ebraismo italiano. Si stringono affettuosamente alla moglie Laura Voghera, ai figli Alisa, Gadi, Michele ed alla famiglia tutta. Ricordano la sua straordinaria figura di medico, di fine studioso dei testi della Tradizione, di intellettuale politicamente e civilmente impegnato, di protagonista del dialogo interreligioso, di uomo delle istituzioni ebraiche Italiane che ha servito e rappresentato in modo illustre ai massimi livelli”. Il Museo ebraico della città lagunare gli rende invece questo omaggio: “In prima fila nella lotta contro l’antisemitismo e ogni forma di razzismo e discriminazione, lascia una straordinaria eredità morale e un esempio di profondo impegno e coerenza. Amico affettuoso del nostro museo, è sempre stato per noi un Maestro presente e disponibile”.

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REDAZIONE APERTA  

Trieste, osservatorio sugli invisibili

“Al 6 settembre abbiamo sul territorio 3.059 migranti arrivati tramite la rotta balcanica, a fronte dei 2.104 dello stesso periodo dell’anno scorso. Le riammissioni informali sono state però tre volte quelle del 2019: in un anno ne abbiamo fatte 852, soltanto nell’ultimo periodo più di 500 a seguito di un’apposita direttiva, mentre nello stesso periodo del 2019 erano state appena 203”. La cosiddetta “rotta balcanica” e le implicazioni per l’Italia al centro del vertice convocato nelle scorse ore presso la prefettura di Trieste, con la partecipazione della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese.  

Storie spesso di “invisibili”, che restano ai margini del discorso pubblico. Migliaia infatti le persone che ogni anno attraversano il confine tra Slovenia e Italia nei boschi che circondano la città giuliana. Una migrazione costante, che lascia sul terreno tracce inequivocabili. Documenti d’identità, ma anche vestiti, accessori, biberon. Persino dei passeggini. L’Italia è per questi migranti la vera e propria porta d’Europa. La tappa di un viaggio che prosegue in genere verso altre destinazioni, per cercare faticose e complesse ripartenze lontano dal Paese d’origine. Che può essere il Pakistan come l’Algeria, la Tunisia come il Bangladesh.

La redazione di Pagine Ebraiche, in occasione dell’ultima edizione del laboratorio Redazione aperta, ha avuto modo di confrontarsi su questi temi e di effettuare una ricognizione in questi luoghi con l’ospite più qualificato ad esprimersi: il regista Mauro Caputo, già autore di una emozionante trilogia dedicata alla vita dell’intellettuale ebreo Giorgio Pressburger, che proprio in questi giorni sta completando la lavorazione del suo nuovo documentario “No borders. Flusso di coscienza”. Girato lungo i 242 chilometri di confine tra i due Paesi, “No borders” getta uno sguardo empatico su queste esistenze precarie in cerca di futuro e stabilità. Il risultato di un anno e mezzo di costante presenza sui luoghi, per ricostruire da quegli effetti personali frettolosamente abbandonati sul terreno interi o parziali percorsi di vita. Al centro un insegnamento che, ci ha spiegato, gli arriva proprio da Pressburger. Che usava ripetergli: “Sono fiero di essere arrivato in Italia da profugo e senza una lira in tasca”. 

(Nell’immagine in alto, di Giovanni Montenero, il vertice triestino con la ministra Luciana Lamorgese; il regista Mauro Caputo con la redazione di Pagine Ebraiche; i vestiti e gli effetti personali lasciati dai migranti che attraversano il Carso)

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MELAMED  

Riaprire la scuola, tra fini e mezzi

La scuola riapre, con indicazioni nazionali e soluzioni in parte eterogenee da luogo a luogo.
Forse sarà ripresa una discussione seria sui contenuti curricolari e sulle modifiche necessarie, in ragione di quanto emerso come carente nel sistema educativo nazionale. In poche parole, appare oggi necessario ripensare le nostra società e la nostra democrazia.
Torna alla mente la distinzione operata da J. Dewey (1858-1952) tra fini e mezzi. Lo studioso statunitense definiva i fini come “mezzi procedurali”, ovvero come risorsa necessaria per agire con modalità coerenti rispetto a ciò che si vuole raggiungere. Parallelamente definiva i mezzi come “fini in vista”, ovvero come strumenti guidati dalla prefigurazione dell’obiettivo da raggiungere. 

Saul Meghnagi, Consigliere UCEI

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COMPASSO D’ORO A MUSEO DELL'EBRAISMO DI FERRARA E STUDIO CARMI UBERTIS

"Meis e Uffizi, loghi che raccontano l'identità"

Il logo, per un’istituzione, è un modo di raccontare la propria identità. Per questo è importante che risulti semplice ed efficace. Elementi riconosciuti dalla giuria internazionale del XXVI Premio Compasso d’Oro ADI nei loghi del Museo Nazionale dell’Ebraismo Italiano e della Shoah di Ferrara e della Galleria degli Uffizi di Firenze. Il Meis ha ricevuto una menzione speciale da parte della giuria per il progetto di Brand identity realizzato da Teikna Design. “Un riconoscimento così importante nel panorama italiano e internazionale – ha commentato il direttore Spagnoletto – è per noi motivo di grande orgoglio. Fin dalla sua nascita il Meis vuole proporsi come un museo innovativo, curato nei minimi dettagli e con un linguaggio universale, a partire dalla sua brand identity”. Per il direttore creativo di Teikna Design Claudia Neri: “La brand identity del Meis è pensata per essere un sistema di segni, un linguaggio visivo fortemente connotato e riconoscibile in grado di adattarsi con eleganza e disinvoltura a contenuti eterogenei”. Agli Uffizi invece è andato il Premio Compasso d’Oro, consegnato al direttore del museo Eike Schmidt e all’agenzia che lo ha realizzato, Carmi e Ubertis. "Nel mondo del design di comunicazione l’efficacia va progettata. Non bastano i buoni marchi, ci vogliono veri e propri marcatori del linguaggio", spiega Elio Carmi, attualmente presidente della Comunità Ebraica di Casale Monferrato e Consigliere UCEI.

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IL RICONOSCIMENTO DELLA FONDAZIONE GIUSEPPE LEVI PELLONI

Menorah di Anticoli, il premio a David Meghnagi

È David Meghnagi, psicoanalista, docente universitario e assessore alla Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, il vincitore dell’edizione 2020 del Premio Menorah di Anticoli. Il riconoscimento, promosso dalla Fondazione Giuseppe Levi Pelloni-Centro Nazionale di Ricerche Storiche, viene assegnato ogni anno a personalità del mondo della cultura, della scienza, dell’associazionismo e delle istituzioni che con il loro operato si sono particolarmente distinte nelle discipline legate al tema scelto ogni anno per la Giornata Europea della Cultura Ebraica. L’occasione della consegna sarà un convegno sul tema dei “Percorsi ebraici” che si svolgerà domenica prossima presso la sala consiliare del Comune di Fiuggi. Nel 2010 Meghnagi era stato già vincitore del Premio FiuggiStoria con il libro “Le sfide di Israele”. 

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QUI BOLOGNA - LA RASSEGNA JEWISH JAZZ FESTIVAL  

Un viaggio nel segno di Sefarad

Tre concerti per raccontare un viaggio nella cultura e musica sefardita, con protagonisti artisti di spicco nel panorama nazionale e internazionale.
È l’itinerario tracciato dal Museo ebraico di Bologna con l’ormai tradizionale appuntamento di Jewish Jazz, rassegna apertasi quest’anno con Evelina Meghnagi e la sua performance “Di voce in voce”. L’inizio di un percorso nel segno di “Sefarad”, il nome con cui già a partire dal Medioevo gli ebrei indicavano la penisola iberica. Un luogo di radici e poi d’esilio, per effetto degli editti d’espulsione del 1492 che sancirono la fine di una lunga storia e la dispersione di questa realtà in tutta l’area del Mediterraneo (Italia compresa).

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LA NUOVA DELEGATA ISRAELIANA KALANIT GOREN PERRY  

“Israele, al lavoro per rilanciare il turismo”

Ore di intensi incontri (anche con la stampa) per la neo delegata dell’Ufficio Nazionale Israeliano del Turismo a Milano, Kalanit Goren Perry. Nata in Galilea, percorso di studi in parte svolto proprio a Roma presso l’Università La Sapienza, varie esperienze professionali nel campo del marketing culturale, Goren Perry punta a dare continuità al lavoro svolto negli ultimi anni da chi l’ha preceduta. Ma anche a muovere nuove leve, emerse come irrinunciabili in questo periodo di pandemia. L’insediamento, in questo senso, arriva in un momento particolarmente difficile.

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GECE 2020 – L'APPUNTAMENTO A BARLETTA  

Dallo Shabbat al canto, il segno dell’identità

Importanza del dialogo e rispetto per le specificità culturali di ogni popolo: questi i temi sviluppati a Barletta in occasione dell’ultima Giornata Europea della Cultura Ebraica. Organizzata dalla Fondazione Istituto di Letteratura Musicale Concentrazionaria in collaborazione con il Comune, con il patrocinio della Regione Puglia e dell’UCEI, la Giornata ha stimolato l’interesse di un pubblico numeroso e attento che, nel rispetto delle regole anti-Covid, ha riempito gli spazi del pianterreno del cinquecentesco Palazzo della Marra sede della splendida Pinacoteca G. De Nittis. 

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Setirot - Vivere
Rosh haShanah e poi Kippur, e poi ancora Capodanno e giorno dell’Espiazione, anno dopo anno. Profondo sovrapporsi di sguardi interiori verso un nuovo inizio e pensieri rivolti al passato in attesa del giudizio. Il grande insegnamento, per me, è non avere paura di attraversare i tempi ma vivere. Vivere trasmettendo speranza e impegno. Un compito che a volte pare oltre le nostre forze, però è il nostro compito.
Stefano Jesurum
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Letture facoltative - Oggetti nella Storia
Neil MacGregor, che ha diretto il British Museum dal 2002 al 2015, nel 2010 ha curato per la BBC una serie radiofonica sulla “Storia del mondo in 100 oggetti”: cento conversazioni, ciascuna su un oggetto della collezione del museo londinese, in grado tutte insieme di raccontare la storia, se non proprio del mondo, almeno dell’uomo. Il successo del programma ha convinto l’autore a tradurre le conversazioni in volume, che in Italia è stato pubblicato da Adelphi. Si va da un utensile da taglio di due milioni di anni fa rinvenuto in Tanzania fino a una carta di credito islamica e a un set di lampada solare e accumulatore di produzione cinese passando attraverso meraviglie di imperi antichi e moderni, oggetti di lusso e di uso quotidiano.
Giorgio Berruto
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Ambasciate a Gerusalemme
La normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo non costituisce soltanto un altro successo della diplomazia americana; un successo che mette sempre più in evidenza la contraddizione tra la capacità USA di continuare a svolgere un ruolo decisivo nel quadro internazionale e le difficoltà che l’amministrazione Trump incontra sul piano interno. L’accordo è importante anche perché ad esso ha partecipato il primo ministro israeliano Netanyahu che ha ottenuto anch’egli due importanti successi: la ribadita affermazione che Hezbollah costituisce un’organizzazione terroristica e soprattutto la dichiarazione che i due Stati balcanici stabiliranno le loro ambasciate a Gerusalemme.
Valentino Baldacci
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Spuntino – Ogni comunità ha la guida che si merita
La parashà di Nitzavìm che – quest’anno insieme a VaYelekh – si legge il sabato che precede Rosh HaShanah, comincia con “atèm” (=voi) che in ebraico ha le stesse lettere di “emèt” (=verità). “Atèm nitzavim” (=voi vi ergete) (Deut. 29:9) vale nella misura in cui si osserva la Torah, la Verità per eccellenza, la stessa, inalterata, donata al popolo ebraico più di 3500 anni fa. La parola “emèt” allude alla completezza perché le lettere alef-mem-tav che la compongono sono rispettivamente la prima, la mediana e l’ultima dell’alfabeto ebraico e quindi virtualmente comprendono tutte le altre.
Raphael Barki
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Amos Luzzatto (1928-2020)
Ho avuto la fortuna di lavorare con Amos Luzzatto, a stretto contatto, durante il suo mandato di presidente della Comunità ebraica di Venezia. Ho sempre ammirato la sua capacità, comune a pochi, di dialogare con tutti senza mai far pesare l’eventuale divario culturale.
Michael Calimani
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