La dimensione storica della Shoah

gadi luzzatto vogheraSi è svolta ad Amsterdam il 3 luglio la conferenza internazionale dedicata a Holocaust Studies and its Social Setting. Challenges and Trends. Un momento di aperto e vivace confronto fra esperti provenienti da ventiquattro istituti di ricerca che operano in diciannove paesi, collegati fra loro dal progetto EHRI (European Holocaust Research Infrastructure) finanziato dall’UE. Gli insegnanti e gli studiosi che volessero inoltrarsi nell’enorme mole di materiale archivistico e di risorse disponibili sulla storia della Shoah non devono far altro che aprire il ricchissimo portale www.ehri-project.eu, armarsi di un po’ di pazienza e scegliere il percorso che più si adatta alle loro esigenze. Se ci si intende limitare alla sola realtà italiana si può accedere alla descrizione di oltre novanta archivi che contengono materiale inventariato e disponibile alla consultazione. Non tutto è consultabile online, naturalmente. Sono ancora relativamente pochi gli istituti che possono permettersi una digitalizzazione su vasta scala del materiale archivistico. La Fondazione CDEC di Milano da anni sta realizzando, passo dopo passo, un progetto in questa direzione, e sono sempre molto numerosi gli studiosi che accedono alla sua Digital Library alla ricerca di documenti e immagini.
Ad Amsterdam si è discusso di accesso agli archivi e di Digital Humanities, ma si è anche aperto un importante dibattito sul ruolo degli studi e dell’insegnamento relativo alla Shoah in un mondo che va rapidamente trasformandosi e offre preoccupanti segnali di involuzione e di chiusura. Storici, archivisti, sociologi, insegnanti hanno condiviso la preoccupazione per la tenuta del tessuto democratico che è una precondizione necessaria e l’unico argine possibile a fronte del riemergere di pulsioni autoritarie e razziste, spesso supportate da un notevole consenso popolare.
In particolare è stata posta la questione se gli studiosi di Holocaust Studies debbano o meno esporsi in pubblico in presenza di aperte negazioni o distorsioni di vicende legate alla Shoah. La risposta è stata unanimemente positiva: non ci devono essere dubbi. È necessario ricordare a voce alta a chi manipola e utilizza in maniera distorta temi, immagini e documenti connessi alla storia della Shoah che quei documenti e quelle narrazioni nascono da un contesto e hanno un senso solo se a quello sono riferiti in maniera corretta e coerente. I fatti nella storia sono fondamentali e la loro conoscenza è una precondizione necessaria anche se spesso non si accordano con le necessità politiche contingenti nel presente. Troppo spesso in questi anni la storia è diventata terreno di facili manipolazioni che rischiano di ridurre la Shoah a un prodotto commercializzabile, adatto per tutte le occasioni, soprattutto in politica. La fenomenale documentazione che il progetto EHRI sta presentando su vasta scala serve proprio a questo. Riportare la Shoah alla sua dimensione storica e invitare a studiarla nelle sue spaventose dinamiche sembra essere già di per sé un progetto assai ambizioso, che non ha bisogno di distorsioni e narrative inventate.

Gadi Luzzatto Voghera, direttore Fondazione CDEC