Memoria 10 – “Il libro della Shoah italiana”. Lo sguardo dei perseguitati e il loro sentire
L’avventura umana che sta alla base del “Libro della Shoah italiana” di Marcello Pezzetti (Einaudi editore), è iniziata nel 1995 al Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano dove Marcello Pezzetti ha lavorato fino a pochi mesi fa prima di diventare a tutti gli effetti direttore del Museo della Shoah di Roma, e del quale in futuro a Milano avremo grande nostalgia.
Lui e io ci mettemmo a riflettere sul fatto che, dopo la conclusione della mia ricerca sfociata ne Il libro della Memoria, che conteneva la ricostruzione dell’elenco di tutte le vittime ebree arrestate in Italia e la ricostruzione storica degli avvenimenti, un grande passo di conoscenza era stato fatto, ma che mancava ancora qualcosa. Mancava di prendere in conto lo sguardo dei perseguitati e il loro sentire.
Così, con un apposito finanziamento della Presidenza del Consiglio, avviammo un progetto di interviste per sentire, vedere, toccare se necessario, i testimoni diretti di questa storia e farci tramite della loro narrazione per la nostra generazione e per le generazioni future.
Partimmo con la prima intervista il 15 giugno del 1995 e andammo avanti forsennatamente per i due anni seguenti andando su e giù per l’Italia e approdando anche varie volte in Israele.
Nel 1997, al CDEC avevamo ormai raccolto centinaia di ore di “girato” e potemmo fare una prima sintesi di questo lavoro, costruendo, con l’aiuto del bravo regista Ruggero Gabbai, il film “Memoria”, film di eccezionale forza spirituale, che vinse numerosi premi internazionali.
Ma sapevamo, Marcello e io, che in un film non potevamo riportare tutte le parole dette dai perseguitati, né tutte le parole dette tra noi.
In un film devi concentrare i concetti, far parlare uno per tutti, accennare, suggerire. Devi scolpire, togliere e tagliare per arrivare al nocciolo del discorso, per arrivare ai fatidici 90 minuti; altrimenti, è troppo lungo, la gente si annoia, non ti segue più.
E ogni minuto di girato tagliato era per noi una pena, era come se ci togliessero un pezzo di mano. Il montaggio di un film ha per gli autori un che di crudele che un libro non ha.
Dopo l’uscita del film, Marcello non si è dato per vinto si è messo a trascrivere tutti i testi delle interviste con l’intento di far diventare parole scritte le parole dette.
Un procedimento strano. Di solito si trae un film da un libro, qui è successo il contrario.
Marcello, dal 1997 ha avuto il grande merito ma anche la fortuna di stare in compagnia delle parole dei sopravvissuti. Ha potuto, con calma, tagliare e cucire i loro concetti, ha potuto interrogare a fondo i loro sentimenti, ricomporli in una polifonia di grande armonia. E ne è uscito questo eccezionale libro.
Questo libro è come un affresco, tipico del romanzo di formazione: accompagniamo i nostri 105 protagonisti nelle varie fasi della loro vita; dall’inizio della minorazione dei loro diritti da parte dello stato fascista fino al loro arresto e deportazione. Assistiamo alla loro sofferenza, alle loro grida di dolore, al loro sopravvivere alle peggiori umiliazioni e torture, infine, alla loro resurrezione e al loro sguardo sull’avvenire. E noi, leggendo il libro, abbiamo il batticuore con loro, vogliamo assolutamente che si salvino, che guariscano, che ritornino alla vita.
Questo libro ce li rende amici, fratelli, padri e madri.
Apri il libro e ti trovi davanti a una moltitudine di uomini e di donne: ognuno con il suo carattere, con la sua educazione, con il suo status sociale. Li accompagni nell’arresto, nella discesa agli inferi, nella sofferenza; fai un vero viaggio nell’umanità “allo stato puro”. Leggendo questo lavoro ti si acutizzano certi sensi, ti si incancreniscono altri. Ognuno dei protagonisti è ridotto a pura “sopravvivenza”, capisci il senso della vita, dei valori fondamentali. Che cosa è una madre (i passi dedicati alle madri sono bellissimi e strazianti). Capisci che cosa è un fratello, un amico. Capisci che cosa è crudeltà, indifferenza, solidarietà, generosità.
Tutto ti sta davanti, e non in modo ideale, ma in modo estremamente concreto e materiale.
Ed è sconvolgente.
Questo libro è anche, nell’abisso delle situazioni estreme che ci descrive, a suo modo, un libro consolatorio perché da esso emerge la bellezza interiore degli intervistati.
Alla fine della vicenda non esce quasi mai una parola di odio. C’è rabbia, si, ma la rabbia è diversa dall’odio.
L’odio significa morte, la rabbia, alla fine è energia e può diventare energia vitale, cioè una forza capace di guardare al futuro e alla speranza.
I passi delle interviste, solo apparentemente sono parte di un concerto polifonico spontaneo, in realtà, sono rigidamente ordinate in modo che la storia della shoah italiana emerga chiaramente.
Solo appoggiandosi a una ferrea ricerca storica e scientifica è possibile fare un lavoro del genere.
Marcello è il più profondo conoscitore al mondo dei meccanismi di Auschwitz, senza la sua conoscenza, senza la sua ricerca, senza la scienza storica, non sarebbe potuta uscire un’opera del genere e noi ne saremmo stati privi.
Come sempre, dovunque io vada, voglio spezzare una lancia in favore dello studio e della ricerca scientifica.
Noi non abbiamo il diritto di pensare al nostro passato attrezzati solo di memoria, dobbiamo sempre coniugare la narrazione della memoria allo studio e alla scrittura della storia.
Solo cosi saremo capaci di conoscenza e di coscienza e sapremo costruire una politica della speranza in Italia, in Europa e al di là del Mediterraneo.
Liliana Picciotto, Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea – Milano
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