…giovani

Per varie ragioni mi trovo a voler riprendere un dialogo con il mio amico Roberto Della Rocca che è intervenuto a proposito della discussa decisione assunta a maggioranza dal congresso straordinario UGEI relativamente all’ammissione alle attività a giovani che non sono iscritti a comunità ebraiche. Mi permetto di discutere alcune delle argomentazioni proposte perché ho comunque intravisto con piacere – e intendo riconoscerlo – un certo coraggio e una forte volontà di dialogo nelle sue posizioni e non penso che questa apertura debba essere lasciata cadere. Parto dalla fine, quando cioè si afferma che l’ebraismo italiano è “affievolito e in forte crisi d’identità”. Ho già a più riprese sostenuto su queste pagine che la realtà dei fatti non corrisponde a questa costante sensazione di crisi. L’ebraismo italiano è incommensurabilmente più vivo e attivo oggi di quanto non fosse 30 o 40 anni fa. Certo è cambiato, come è cambiata l’Italia, ma proprio in crisi non è: sa riorganizzarsi (nuova UCEI), sa attivare un numero di iniziative straordinariamente variegato e ricco, e i membri attivi sono di gran lunga più motivati e ebraicamente preparati di quanto non fossero le generazioni precedenti. Prendiamone atto una buona volta. Il secondo argomento riguarda l’idea che le strategie organizzative siano messe in atto per contrastare il declino demografico. Anche qui dovremmo essere chiari: una realtà demografica così piccola come l’ebraismo italiano non può essere in grado di “governare” i propri trend demografici. Questi dipendono da variabili che non hanno a che fare con l’identità, ma con più vasti processi sociali che sono fuori del controllo di una piccola comunità religiosa (nel caso dei giovani parliamo di interessi personali, occasioni lavorative, crisi economica, pecorsi di formazione ecc.). Non credo quindi sia sostenibile l’idea di addebitare la scelta dei giovani ebrei italiani a un desiderio di contrastare il declino demografico. Sarebbe una strada a mio parere perdente. Il terzo argomento è costituito dalla seguente affermazione: “Questa linea oltre a non essere conforme alla Tradizione ebraica, rischia di non fare neppure il bene di coloro che sono alla ricerca di una coerente e coscienziosa assunzione di identità ebraica”. In linea di massima potrei anche concordare, se la questione riguardasse il ghiùr (argomento su cui Roberto Della Rocca ha aperto importanti percorsi di confronto e formativi). Ma non mi sembra questo l’argomento in questione. Che io sappia la polemica fra i giovani si è aperta sull’opportunità o meno di invitare a feste, dibattiti, lezioni, cene e quant’altro anche ragazzi non iscritti a comunità ebraiche. Cioè, non mi sembra che la questione aperta riuguardi le conversioni (che sono fatti personali di cui non bisognerebbe trattare in sede pubblica, secondo la tradizione ebraica), ma le regole di organizzazione sociale che questi ragazzi si vogliono dare. L’UGEI è un organo dell’ebraismo italiano ed è preposto ad occuparsi dell’organizzazione di attività per favorire la formazione e la conoscenza dei giovani ebrei, ma – come anche le comunità ebraiche che accolgono in continuazione non iscritti alle loro attività – non è impermeabile alla realtà non ebraica. In conclusione, penso che la volontà di apertura e accoglienza che il congresso UGEI ha dimostrato debba essere riconosciuta come una buona opportunità offerta da chi è ben radicato in un’identità forte e cosciente, e non si sente minacciato dalla frequentazione con coetanei che vivono, per motivi personali o familiari, percorsi identitari più complessi e ancora in fase di maturazione.

Gadi Luzzatto Voghera, storico

(24 maggio 2013)