Priebke, Roma resta unita. Niente offese alla Memoria
Tensione, attesa e stretta vigilanza a Roma all’indomani del decesso del criminale nazista Erich Priebke, mentre tutte le autorità civili e religiose oppongono un fermo diniego a ogni forma pubblica di celebrazione funebre per l’ex capitano delle SS che compilò le liste delle vittime della strage delle Fosse Ardeatine.
I leader delle istituzioni ebraiche, le autorità della Capitale, e italiane, i vertici della Chiesa cattolica, hanno parlato con voce chiara esprimendo l’idea che Roma non tollererà alcuna forma di cerimonia pubblica e nessun luogo di culto potrà lasciare spazio a quelle frange di nostalgici che sperano di tramutare la necessità di dare sepoltura al criminale in un’occasione di propaganda.
Il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Renzo Gattegna prosegue i costanti contatti con le autorità e aveva già sabato sera lanciato un chiaro messaggio, esprimendo “apprezzamento per la sensibilità che stanno dimostrando le autorità competenti – il sindaco di Roma Ignazio Marino, il questore Fulvio della Rocca, il prefetto Giuseppe Pecoraro e il Vicariato – per risparmiare alla città l’affronto di assistere a celebrazioni in onore di quell’Erich Priebke che dei romani è stato torturatore a Via Tasso e assassino alle Fosse Ardeatine”. Parole chiare che segnano per gli ebrei italiani un confine invalicabile. “Qualsiasi manifestazione di omaggio, civile o religioso – prosegue Gattegna – sarebbe un intollerabile affronto alla memoria di coloro che caddero nella lotta di liberazione dal fascismo e dal nazismo”.
Il concreto rischio che le esequie di Priebke si trasformino in una adunata nostalgica, è evocato anche dal presidente della Comunità ebraica di Roma Riccardo Pacifici, che aggiunge “un’eventuale tomba nella città teatro della tragedia delle Fosse Ardeatine sarebbe come uccidere una seconda volta quelle persone”, unendosi all’appello perché il capitano nazista venga sepolto in Germania, ipotesi approfondita oggi sul Corriere della Sera, ma anche in un’intervista al direttore del Centro Wiesenthal Efraim Zuroff, firmata da Maurizio Molinari per La Stampa “La cosa migliore è consegnare le spoglie alla Germania, affinché vengano cremate, per due motivi. Primo: Priebke era originario di una località prussiana. Secondo: la Germania ha le leggi più idonee per evitare che il funerale o la sepoltura di un ex nazista si trasformi in uno show di neonazisti”.
Alla vicenda è attribuito ancora molto spazio sui giornali di oggi.
Sconcerto e indignazione continua a suscitare la provocatoria prima pagina del quotidiano romano Il Tempo, che nell’edizione domenicale ha presentato a tutta pagina un’immagine del criminale in divisa da SS titolando: “Basta con l’odio, un funerale anche a Priebke”. La stessa rotta provocatoria è mantenuta ancora oggi, proponendo con grande evidenza il titolo “La danza macabra intorno a Priebke”. “Funerali. Chiese negate e giallo sulla sepoltura. L’avvocato: esequie in strada. Il rabbino: la terra non si nega a nessuno. Cervi: più feroce lui o un terrorista?” il sottotitolo dell’apertura. Il giornale della destra romana ha comunque rivolto alcune domande al rabbino capo della Capitale Riccardo Di Segni. “La sepoltura – afferma il rav – non si nega a nessuno, anche al più malvagio. Nella nostra tradizione, però, può essere onorevole o disonorevole. Quest’ultima forma non è prevista da nessun regolamento comunale. La questione è politica e amministrativa e, mi perdonerà, non entro nel merito”. “Anche una funzione in forma privata sarebbe un oltraggio alla città?” chiede ancora il giornalista. “L’offesa ci sarebbe – è la risposta – se venissero permesse manifestazioni filonaziste. Quella sarebbe una violenza intollerabile per la città. Un’eventualità che va assolutamente evitata”. Il rav Di Segni tiene anche a precisare “Lei mi chiama come rappresentante della comunità ebraica, ma il lutto che ha colpito Roma per l’eccidio delle Fosse Ardeatine riguarda tutta la città, offesa dalla barbarie nazista. Il mondo della politica finalmente risponde adeguatamente, con una presa di posizione netta”.
Provocazione tentata anche da altri giornali di destra (“Il balletto indecente sul cadavere di Priebke” titolava Libero, “Priebke scaricato da tutti. Anche la Chiesa gli dice no” la scelta del Giornale).
“Portare la Shoah nelle scuole, così si protegge la Memoria” è invece il messaggio che lancia Liliana Segre, 83 anni, deportata ad Auschwitz quando ne aveva soltanto 13 dal Binario 21 della Stazione centrale di Milano, che oggi è diventato il Memoriale della Shoah. Lo fa in un’intervista sulla prima pagina del Corriere della Sera, in cui il giornalista Paolo Conti le chiede la sua riflessione di fronte alle parole dal famoso cacciatore di nazisti Serge Klarsfeld, che ieri sullo stesso quotidiano di via Solferino, aveva spiegato “Dobbiamo essere in grado di fermarci, di non accanirci. I grandi colpevoli non ci sono più. Resta qualche pesce piccolo, e il problema con loro è accertarsi che abbiamo davvero commesso crimini contro l’umanità… la prospettiva di condannare un innocente mi spaventa tanto quanto quella di lasciare indisturbato un massacratore”. “Non si può parlare di chiusura di un’epoca, né mai si potrà farlo per ciò di cui stiamo parlando. Adesso è essenziale non dimenticare, preservare la memoria. Questo è il vero impegno – il monito di Liliana – Raccontare bene alle nuove generazioni cosa hanno fatto certi personaggi che sono arrivati a cent’anni d’età bevendo birra la sera e facendo belle gite, del tutto indisturbati, dopo aver ucciso gente innocente. Io ho molto ammirato Simon Wiesenthal per il suo lavoro. Così come ho ammirato lo stesso Klarsfeld. Quindi capisco il suo pensiero. Adesso bisogna aiutare a non far dimenticare chi è stato sterminato, e in che modo, semplicemente per la colpa di essere nato”.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
(14 ottobre 2013)