…dialogo

Vorrei associarmi alle inquietanti considerazioni di Riccardo Di Segni, rabbino capo della Comunità di Roma, e anche alla riflessione di Paolo Sciunnach, apparse su questa pagina. Non vi è giorno in cui non si parli di Auschwitz, nel contesto o fuori dal contesto, col risultato di banalizzare la Shoah. Questo avviene anche in Israele quando si parla di Shoah bianca (l’assimilazione) o di Shoah della strada (gli incidenti stradali). Ma in questi giorni quelle che si possono leggere come manifestazioni di appropriazione cattolica della Shoah, e il corrispettivo riesame in chiave teologica del significato del concetto di Olocausto credo richiedano uno sforzo più profondo di analisi da tutte le parti. Di fatto, forse un poco semplificando, il sacrificio dei sei milioni di ebrei può avere solamente due significati teologici. Il primo è quello della giusta punizione inflitta al popolo ebraico per i suoi misfatti, in cui regimi e popoli europei, ricordiamoci bene tutti socializzati nel Cristianesimo, hanno agito come emissario esecutivo del disegno di una Potenza Superiore. Si potrà obiettare che gli esecutori agivano in spregio al Cristianesimo e non secondo i suoi dettami. Ma questo non risolve il problema teologico, perché se la socializzazione cristiana della generazione nazifascista è fallita, allora una grave responsabilità ricade su chi avrebbe dovuto preoccuparsi di renderla più efficace, diffusa e profonda. Oppure, se è invece stata proprio la socializzazione cristiana a costituire uno dei fondamenti della Shoah, la responsabilità diviene ancora maggiore. Il secondo significato che sembra emergere nel dibattito dei giorni scorsi è che la Shoah è stata realmente un Olocausto, in cui una parte dell’umanità è stata sacrificata per salvare il resto dell’umanità. Nel momento in cui vi è chi propone e chi insiste nell’applicare la stessa logica pristina del sacrificio di Cristo (all’origine un ebreo) a un presunto sacrificio nella Shoah della Vergine (all’origine un’ebrea), è inevitabile rispondere che, se è questo il disegno della Potenza Superiore, nell’Olocausto il popolo ebraico ha sacrificato sei milioni di Cristi e sei milioni di Vergini. Il significato di questa tragica e crudele offerta di espiazione, così come nel concetto originale del Cristianesimo, starebbe nell’inesauribile speranza che il mondo ne apprenda la lezione e ne risulti riscattato e salvato. Se fosse l’intero popolo ebraico a essersi assunto e a portare su di sé questo immane compito, verrebbe a cessare la necessità di forme vicarie sostitutive da parte di chi non è ebreo. L’intero impianto teologico della Chiesa ne uscirebbe completamente svuotato e caduco. Per questo, credo, sarebbe auspicabile che chi strumentalizza la Shoah per ulteriori motivi teologici riflettesse più a fondo sulle più profonde implicazioni di tali scelte.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

(5 dicembre 2013)