Edot, un progetto per riscoprire le origini
Milano, Comunità laboratorio. Nell’Italia ebraica, è risaputo, non c’è altro nucleo che possa contare su altrettanta varietà di provenienze geografiche ed etniche, su così tanti gruppi diversi che hanno mantenuto un legame con la propria terra d’origine. Un elemento che spesso viene considerato fattore di frammentazione, ma che implica anche un’enorme ricchezza di culture, lingue e suggestioni che si mescolano nella vita ebraica (e non solo) del capoluogo lombardo. Una ricchezza che oggi si ha voglia di riscoprire e di valorizzare, come dimostrano le diverse iniziative portate avanti nella kehillah milanese, da protagonisti molto diversi: la Fondazione Centro di documentazione ebraica contemporanea (Cdec), l’associazione culturale Progetto Kesher, l’Ufficio giovani comunitario Efes2.
Per fotografare e preservare il patrimonio delle origini degli ebrei milanesi, il Cdec ha lanciato nel 2011 il Progetto Edot (“etnie” appunto), coordinato da Adriana Goldstaub e diretto da Liliana Picciotto, storica e consigliere dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane. “Da tempo abbiamo percepito la necessità di allargare il campo d’azione del nostro centro studi, non più solo il periodo del fascismo e della Shoah, ma quello che è accaduto dall’Ottocento fino ai giorni nostri, non più solo ciò che riguarda l’ebraismo italiano, ma anche la storia di coloro che in Italia sono arrivati nel corso dei decenni ‐ spiega Picciotto ‐ Abbiamo iniziato con l’edah egiziana, e ora proseguiamo con persiani, libici, libanesi, siriani…” (nell’immagine Picciotto mostra alcuni documenti alla redazione di Pagine Ebraiche nella sede del Cdec). Così sono iniziate le interviste che vengono raccolte in formato video e audio, insieme a fotografie, ritagli di giornali, musiche, ricette, tutto ciò che rappresenta il vissuto delle persone. A realizzarle, uno staff di volontari formato ad hoc, tra cui Miki Shamma, grande animatore del progetto. Fino a questo momento sono state raccolte parecchie decine di testimonianze. “Dobbiamo ricordare che queste persone, specie le più anziane, sono degli autentici serbatoi di storia, non soltanto storia delle proprie vicende personali, ma soprattutto quella dei paesi d’origine, e magari dei tanti altri in cui si sono trovati a sostare prima di arrivare a Milano” mette in evidenza Goldstaub. Tra le edot della Comunità, particolarmente famosa per la sua coesione e il forte legame con la terra di provenienza è senz’altro quella persiana, che si è dotata inoltre di una sinagoga e centro di ritrovo, il Noam. Proprio la storia dell’edah persiana, e più precisamente mashhadi (dalla città di Mashhad a nord est dell’Iran), è stata al centro di un partecipato evento organizzato da Kesher. “Kesher significa connessione, mettere insieme i pezzi. La parola ci ricorda il ketoret, l’incenso usato per il Tabernacolo, che era composto da numerosi ingredienti, compreso uno privo di odore, ma indispensabile, mischiato agli altri, per dare il profumo. Così in questa Comunità, ogni singolo ingrediente rappresenta un grande arricchimento, e non dobbiamo mai dimenticarlo” ha ricordato nell’occasione il direttore di Kesher e direttore del Dipartimento educazione e cultura dell’UCEI rav Roberto Della Rocca introducendo la serata, che ha rappresentato anche un momento di riflessione sul rapporto tra l’edah persiana e la Comunità milanese nel suo complesso, fatto di accoglienza e scambio nei decenni, ma anche di momenti di difficoltà, con qualche incomprensione da ambo le parti. Il desiderio di scoprire e di riscoprirsi contagia anche i giovani, che a Milano sono nati, e hanno però voglia di non dimenticare le origini della propria famiglia. E così Efes2, l’Ufficio giovani della Comunità, ha organizzato un ciclo di serate “I nonni raccontano” in cui, circondati da figli e nipoti, coloro che hanno vissuto una significativa parte della propria esistenza in altri paesi e ne hanno conosciuto lo sradicamento, condividono la propria esperienza (il primo incontro, ha visto come protagonisti Moshe Mouhadab e Mouffac e Jenny Darwish e la loro storia da Beirut a Milano). Tanti i racconti ancora da tirare fuori dal cassetto, le esperienze da valorizzare. Ricordando sempre come ha sottolineato Liliana Picciotto, che, pur con qualche naturale difficoltà, quella della Comunità ebraica di Milano rappresenta “una grande storia d’integrazione e un esempio importante per tutta la città e la società italiana”.
Rossella Tercatin
(Italia Ebraica dicembre 2013)
(20 dicembre 2013)