La forza di non affondare
Fluctuat nec mergitur. È battuta dalle onde, ma non affonda. È il motto della città di Parigi e della nave a vele spiegate che costituisce il suo stemma, ma anche quello della mobilitazione delle ore che sono seguite agli attentati che hanno sconvolto la notte della capitale francese, colpita dal terrorismo nel suo cuore più pulsante. Al risveglio i parigini lo hanno ritrovato in place de la République sotto forma di nuovo, gigantesco, graffito dipinto da un collettivo di artisti, per ricordare loro quanto sono forti. E tutti i navigatori in rete lo hanno rivisto nelle vignette cariche di collera e allo stesso tempo di tenerezza di Joann Sfar, autore del celebre fumetto Le Chat du rabbin, che ha pubblicato una serie di dodici disegni sul suo profilo Instagram. Per lui quelle parole in latino dal valore antico significano guardare la morte con sufficienza e andare avanti a testa alta, perché è questo che ha sempre fatto Parigi. La sua è infatti la storia di una città che non affonda, ma resiste alle onde più anomale fin dalla sua nascita, ed esibisce con orgoglio la sua forza dal 1190, quando il re Filippo Augusto le concesse il primo blasone.
È un mare in tempesta quello in cui ‘fluctuat’ – letteralmente ‘è sconvolta’ ma anche ‘galleggia’ – il vascello di Parigi, ma non si fa certo sommergere. Del resto il suo nome è Scilicet, che significa ‘è evidente’. Si tratta dell’imbarcazione che da sempre è il simbolo della corporazione dei marchands de l’eau, i commercianti, che è stata all’origine della nascita della municipalità di Parigi. Nata come carica nel Medioevo e impostasi fin da subito come organo rappresentante di una sorta di oligarchia urbana, durante l’Ancien Régime il prévôt, il prevosto dei mercanti, accompagnato da quattro assessori, si occupava dell’approvvigionamento della città, dei lavori pubblici, delle tasse e aveva la giurisdizione sul commercio fluviale. Una carica che si avvicinava notevolmente, in pratica, a quella di un sindaco.
Con il re Luigi IX il vascello divenne nel XII secolo il sigillo di Parigi, che si trasformò poi nel XVI in un vero e proprio blasone. Poi con la Rivoluzione tutto cambiò, e con l’abolizione della nobiltà furono soppressi anche tutti gli emblemi fino alla Restaurazione. Nella sua rappresentazione completa lo stemma porta anche le decorazioni della città, cioè quello della Legione d’Onore, la Croix de guerre 1914-1918 e la Croix de la Libération. Il vascello è sormontato dai gigli e da una corona di mura d’oro con cinque torri, e circondato a destra da un ramo di quercia e a sinistra da un ramo d’alloro, mentre il motto è riportato al di sotto.
Oggi il vascello e le parole “fluctuat nec mergitur” campeggiano sull”Hôtel de Ville, il municipio di Parigi, quelli degli altri arrondissement, in stazioni, ponti e scuole, in alcuni francobolli, ma anche anche nel testo della canzone “Les Copains D’Abord” di Georges Brassens e nel simbolo dei giochi olimpici del 1924. E poi le si trova nel cuore dei parigini e di tutti quelli che desiderano dire un no deciso al terrore, urlandole fieri come slogan di una battaglia per la vita. Perché, come ha scritto Sfar in uno dei suoi disegni, “quelli che amano, quelli che amano la vita, alla fine sono sempre loro che vincono”.
Francesca Matalon twitter @fmatalonmoked
(14 novembre 2015)