Il 30 novembre, il Giorno del ricordo L’esodo ebraico dimenticato La fuga dal mondo arabo
Mezzo secolo fa, tra le 850mila e il milione di persone furono costrette a lasciare i propri paesi – dalla Libia all’Iraq, dall’Egitto all’Iran – per trovare rifugio in Israele, Europa e America. Di fronte, l’emergere negli anni Quaranta di un nazionalismo arabo sempre più insofferente alla sua minoranza ebraica. La nascita dello Stato d’Israele, simbolo della speranza per gli ebrei, acutizzò la rabbia e la violenza del mondo arabo e islamico nei loro confronti: confische, violenze, veri e propri pogrom,
costrinsero migliaia di famiglie ad abbandonare le proprie case, lasciando in fretta e furia quanto costruito nel corso di generazioni. E domani in Israele – ma non solo – si ricorderà il loro dramma, celebrando il Giorno nazionale dei rifugiati ebrei dai paesi arabi e dall’Iran, istituito con legge della Knesset nel 2014. Una data per ricordare una ferita aperta e per raccontare come, nonostante tutto, queste persone riuscirono a voltare pagina, a costruirsi un futuro in Israele, in Europa (tra cui l’Italia), in America. Vicende a cui Pagine Ebraiche ha voluto dedicare, sul numero di dicembre attualmente in distribuzione, un intero dossier. Un modo per offrire un proprio contributo alla celebrazione del 30 novembre. Ma questa data, come si sottolinea nel dossier, ricorda anche una differenza di trattamento: il mancato riconoscimento da parte delle Nazioni Unite dello status di rifugiati a questo milione di persone, a differenza di quanto accadde con i palestinesi. “Siamo qui per garantire che il mondo riconosca finalmente le storie di questi rifugiati dimenticati”, dichiarava un anno fa alle Nazioni Unite l’ambasciatore israeliano Danny Danon, il cui padre arrivò in Israele come rifugiato dall’Egitto. Per il momento all’Onu nulla è cambiato, anzi è di questi giorni la notizia che l’Autorità nazionale palestinese ha presentato al Consiglio di Sicurezza una richiesta perché si adotti una risoluzione che condanni Israele sulla questione degli insediamenti. L’ennesima contro Israele. Molti paesi arabi hanno già detto di sostenere l’iniziativa palestinese, più o meno gli stessi che 69 anni fa non riconobbero una storica decisione dell’Onu: la ripartizione della Palestina mandataria in due Stati, che aprì la via alla nascita dello Stato d’Israele. Una data storica, quella del 29 novembre, che è legata anche alla scelta di Israele di istituire il giorno successivo la giornata dedicata ai rifugiati ebrei dai paesi arabi. “Non è un caso se questo giorno (di memoria) è segnato dopo il 29 novembre. I paesi arabi, che non hanno mai accettato la dichiarazione delle Nazioni Unite sulla creazione dello Stato ebraico, costrinsero gli ebrei che vivevano nei loro territori a lasciare le proprie case e i propri averi”. Ed è arrivato il momento, ha sottolineato il Primo ministro, che si riconosca a livello internazionale quel dramma.
Una vicenda che, ricorda l’assessore alla Cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane David Meghnagi (direttore del Master in didattica della Shoah di Roma), ha un profondo riflesso sull’attualità. “Dopo la fuga degli ebrei dal mondo arabo è cominciata l’agonia di ciò che era rimasto della civiltà cristiana di Oriente. – sottolinea Meghnagi nella sua analisi che apre il dossier di Pagine Ebraiche – Sparite le differenze locali, le immagini negative dei “popoli vinti” e dominate dall’Islam hanno finito per essere proiettate su Israele. In un delirio, in cui le colpe della dominazione occidentale sui popoli islamici e quella dell’islam sulle rispettive minoranze ebraiche, si “riscattavano” a vicenda, Israele è finito per diventare il capro espiatorio di ogni male che affligge il mondo islamico e i rapporti di quest’ultimo con la civiltà europea e occidentale”.