…incubo

Contrariamente ai miei amici e colleghi su questa pagina, Anna Foa, Dario Calimani e Davide Assael, non mi concedo nessun attimo di festeggiamento in seguito all’elezione di Emmanuel Macron a presidente francese. Sono ovviamente sollevato dalla vittoria del giovane e liberale Macron sulla più navigata e reazionaria Marine Le Pen. Ma i dati della vittoria mi sembra meritino un’ulteriore cauta riflessione. Al secondo turno, su 47.568.588 francesi aventi diritto al voto, 12.101.416 non hanno votato, 4.069.256 hanno votato scheda bianca o nulla, 10.644.118 hanno votato Le Pen, e 20.753.798 hanno votato Macron. Il neo-presidente ha quindi ricevuto il sostegno del 43,6% (meno della metà) degli elettori potenziali, il 58,5% dei votanti, e il 66,1% dei voti validi. Macron, che era partito con un vantaggio al primo turno di un milione di voti rispetto alla Le Pen, ha aumentato il numero dei suoi sostenitori di 12.097.452, mentre Le Pen ha conquistato 2.965.627 nuovi sostenitori. Il successo di Macron nella raccolta di voti per il secondo turno è dunque schiacciante, ma significa anche che il vincitore è una seconda e non una prima scelta per il 58,7% dei suoi elettori al secondo turno. Si tratta dunque chiaramente di un voto di salvezza nazionale per evitare il danno che sarebbe derivato dalla vittoria della sua concorrente, ma anche di un voto di ripiego espresso da parte di una maggioranza eterogenea e disamorata. La vittoria di Macron, candidato senza partito, conferma anche la tendenza al crollo dei partiti politici tradizionali. Al primo turno i due principali partiti francesi hanno ottenuto insieme il 26,4% dei voti (20,0% il gollista Fillon, 6,4% il socialista Hamon). Dunque quasi tre quarti dei voti validi al primo turno sono andati a candidati di movimenti extra-partito o anti-partito, non rappresentati o malapena presenti nel parlamento francese uscente. È grave la debacle dei partiti che nella loro espressione migliore costituivano una camera di riflessione e di elaborazione delle idee, oltre che una palestra per la crescita dei leaders. La focalizzazione sull’uomo, anzi sempre più sull’Uomo (vedi Trump), è un ben miserevole sviluppo all’interno delle democrazie occidentali. Nulla di tutto ciò aiuta a risolvere i problemi sempre più complessi delle società mediatiche e post-capitaliste. I problemi accumulati, soprattutto del disequilibrio interno e del ristagno delle iniziative, sono pesanti e difficilmente risolvibili senza gravi sacrifici che nessuno è disposto ad accettare, o addirittura senza un nuovo contratto sociale che però verrebbe a contraddire molte delle fondamenta delle società esistenti. Soluzioni populistiche non portano da nessuna parte. Pertanto lo scenario più verosimile è quello della continua accumulazione di ulteriori tensioni sociali e socioeconomiche – alla fine delle quali il dilemma della contrapposizione fra stato democratico e regime totalitario si riproporrà con forza ancora maggiore. L’incubo dell’involuzione fascista non è eliminato dalle nuove elezioni, è solo rimandato.

Sergio Della Pergola, Università Ebraica di Gerusalemme

(11 maggio 2017)