Ticketless Ammettere il contraddittorio
Torno sui fratelli Rosselli, il loro ricordo non può esaurirsi in pochi giorni. Dirò che non considero il discorso di Livorno del 1924 il documento più utile a capire il rapporto di Nello con l’ebraismo. È una delle rare volte in cui mi trovo in disaccordo con quanto ha scritto su questo portale Anna Foa. C’è un altro scritto, più nascosto eppure più illuminante, apparso in una rivista di non semplice accessibilità nel 1932. Come spesso è accaduto in passato, una rivista sensibile e mai celebrativa, “Una città”, lo ristampa nel suo ultimo numero (giugno 2017). Rosselli evoca un episodio accaduto durante il confino a Ustica: “Tra gli isolani era un barbone, pastore protestante. L’avevano mandato lì perché faceva troppo bene il suo mestiere: convertiva cioè a tutto andare contadini, operai, vecchi, donne e ragazzi. Nell’isola si trovava sperduto perché nessuno prestava orecchio al suo elevato messaggio. Ci fu solo un ebreo che lo apprezzò invitandolo, la domenica, a venire a leggere la bibbia da lui, a questa sola condizione: che fosse ammesso il contraddittorio. Il povero pastore accettò: trovò adunati, oltre all’ebreo, un anarchico, un comunista, un arabo intelligente, uno del partito popolare e un prete spretato. Forse lo illuminò la speranza di trovare una sintesi e di lanciare il verbo d’una religione universale. Ma fu un disastro. Al primo versetto d’un salmo l’anarchico chiese la parola e pose la questione: chi è Dio? “Per me”, concluse la sua tiritera, ”Dio è il simbolo dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo”. Allora si alzò il comunista, ed ebbe parole severe più per l’anarchico che per il Signore Iddio, sul quale non metteva conto ormai d’infierire. Per fortuna l’ebreo propose che la discussione su questo comma venisse rinviata alla seconda seduta. Il pastore riprese la sua lettura, e ogni tanto si schiariva la voce e lanciava di sotto alle lenti, timide occhiate a destra e a sinistra. Pro bono pacis s’eran lasciati i salmi, e attaccati i Profeti. Il pastore, rinfrancatosi, leggeva adesso con voce tonante le apocalittiche visioni di Geremia, anzi no, di Ezechiele. A un certo punto disse il pipista: “Ecco annunziata la venuta di Gesù”. “Di Maometto”, corresse l’arabo. “Del sempre atteso Messia”, disse il padrone di casa. “Né del Messia, né di Gesù, né di Maometto”, sentenziò alzandosi in piedi il dotto comunista, “se mai, dell’ordine nuovo basato sulla giustizia sociale”. “E sulla soppressione di ogni libertà individuale”, aggiunse beffardo l’anarchico. A questo punto nacque la confusione. Il prete spretato e il pipista si bisticciarono circa il dogma dell’immacolata concezione, l’ebreo e l’arabo discussero animatamente non so di che cosa, il comunista e l’anarchico si accapigliarono con gran lusso d’ingiurie. Il buon pastore chiuse la bibbia, alzò gli occhi celesti al soffitto, e invocò la luce del Signore su quelle coscienze oscure. Ma intanto dall’uscio sul vicolo, comparvero due agenti a chieder spiegazioni su quel baccano sospetto. “Questa è un’adunanza politica”, andavano dicendo. “È un pezzo che stiamo a sentire. Chi è questo Ezechiele dell’ordine nuovo?”. “Ezechiele”, disse sorridendo l’ebreo, “è un rivoluzionario vissuto trenta secoli fa”. “Questa è una grande attenuante”, osservò gravemente il più autorevole fra i due agenti dell’ordine. “In ogni modo vengano tutti dal signor direttore”. La bibbia fu sequestrata, e il pastore venne severamente ammonito di smetterla con le sue conversioni”.
Il brano è ovviamente autobiografico, l’ebreo di cui si parla è lo stesso Rosselli. Nel discorso di Livorno del 1924 le qualità del proprio ebraismo (il senso religioso della famiglia, l’etica virtuosa) mi sembrano più vaghe di quella assai concreta che qui si propone. L’ebreo laico e secolarizzato si dovrà distinguere grazie a un unico e solo principio. Porre sempre una clausola, in qualsivoglia discussione: ammettere il contraddittorio. Poco importa se gli altri non accettano la clausola, l’importante è sempre arrivare primi a imporla.
Alberto Cavaglion
(28 giugno 2017)