Ticketless – 1848, 1938, 1948
Le tre 8 che si celebrano nel 2018 non hanno lo stesso peso. La produzione libraria sul 1938 non è comparabile rispetto al poco che si legge sul 1848 e sul 1948. Eppure la storia degli ebrei in Italia è sempre quella: la storia di un diritto prima negato poi concesso, di nuovo negato e infine, con le lagrime e il sangue, riconquistato. La prima volta l’eguaglianza venne concessa dall’alto, dal sovrano che negherà se stesso firmando le disposizioni sulla razza. La seconda volta l’eguaglianza verrà afferrata dal basso, con le armi dei partigiani, nella Resistenza. Un torto diventato diritto torna ad essere un torto per ritornare con la Costituzione ad essere diritto. Come non vedere le continuità? Nel 1938 si rivede il linguaggio ostile del pre-1848, un linguaggio tremendamente simile a quello che ritroviamo nei blog antisemiti del 2018, alcuni dei quali ripetono messaggi che farebbero arrossire Interlandi e padre Gemelli.
La sproporzione si misura facilmente. A fronte delle decine di libri su Mussolini e gli ebrei e nel pieno del fervore convegnistico-celebrativo sul 1938, si osserva la scarsità, diciamo pure la vera e propria assenza di lavori sui due momenti, distanti fra loro cent’anni esatti, del diritto ottenuto o conquistato. Ancora più anomalo è che siano storici anglosassoni, con ritmo sempre più frequente, a sfornare libri sulla storia degli ebrei d’Italia vista sul lungo periodo. Discutibilissimi lavori, ma regolarmente ignorati dai nostri editori, che giustamente pensano di “vendere” meglio i libri sul torto subito. Non è stato purtroppo tradotto il libro, secondo me indispensabile, di Elizabeth Schächter, temo non sarà tradotto l’altrettanto utile e stimolante volume di Shira Klein (Italy’s Jews from Emancipation to Fascism, Cambridge University Press, 2018), appena uscito. Lo sto leggendo tentando di dimenticare il desolante scenario politico di queste ore. Poco male se a Schächter e Klein potessimo contrapporre non dico dei classici che resistono all’usura del tempo, ma delle monografie appena appena decorose. Invece così non è.
Alberto Cavaglion