Polonia, legge sulla Shoah
marcia indietro del governo

parlamento polaccoDopo mesi di pressione diplomatica sul governo di Varsavia, il Primo ministro Mateusz Morawiecki ha deciso di fare un passo indietro e riformulare la controversa legge sulla Memoria della Shoah. Nelle scorse ore Morawiecki ha infatti presentato una proposta di riforma della norma che nella sua prima versione prevedeva il carcere fino a 3 anni per chiunque associasse la nazione polacca alla Shoah. “Con questa legge abbiamo riaffermato un principio, ma il senso della modifica consiste nel venire incontro alla realtà internazionale”, ha affermato il Premier chiedendo il sostegno all’emendamento della legge che cancella la previsione di una pena detentiva. “Esistono altri strumenti per difendere il buon nome della Polonia”, ha affermato Morawiecki, sostenuto dalla camera bassa che ha approvato la nuova formulazione con 388 favorevoli, 25 contrari e 5 astensioni dopo una tesa discussione parlamentare. “Perché così tardi? Perché così tanto ha dovuto essere rotto?” ha contestato in aula Kamila Gasiuk-Pihowicz, membro dell’opposizione, riferendosi agli scontri internazionali prodotti dalla norma voluta dal partito di maggioranza Diritto e Giustizia. Israele e Stati Uniti sono stati infatti tra i paesi che hanno più duramente criticato la norma. “Questa norma – aveva avvisato lo Yad Vashem di Gerusalemme – rischia di rendere confusa la verità storica grazie alle limitazioni che pone alle espressioni riguardo la complicità di segmenti della popolazione polacca nei crimini commessi contro gli ebrei dal suo stesso popolo, sia direttamente sia indirettamente su suolo polacco durante la Shoah”. Tra le voci che più si sono spese per contrastare l’iniziativa del governo polacco, quella dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA), organizzazione intergovernativa dedicata alla tutela della Memoria e di cui l’Italia ha assunto la guida nel 2018. “La decisione di non imporre la pena detentiva va senz’altro apprezzata come un un passo nella giusta direzione – ha sottolineato il presidente dell’IHRA Sandro De Bernardin a Pagine Ebraiche – Credo che l’IHRA abbia svolto un ruolo importante, coagulando una forte pressione ‘pedagogica’ internazionale nei confronti del governo polacco”. L’ambasciatore De Bernardin ha poi rilevato l’importanza del ruolo della Polonia all’interno dell’organizzazione intergovernativa, valutando positivamente la presa d’atto di Varsavia rispetto a quella che Yehuda Bauer, tra i più importanti storici della Shoah e presidente onorario dell’Ihra, aveva definito una legge inutile oltre che dannosa. “Il nuovo sviluppo depenalizza ma sarà ora importante verificare che non restino in piedi altre forme di ‘scoraggiamento’ della libera ricerca storica”, ha concluso De Bernardin. Anche il presidente del World Jewish Congress Ronald Lauder ha accolto con favore la decisione di Morawiecki, definendo la norma “un grave errore” e chiedendone un ulteriore esame perché “intrinsecamente viziata”. “I polacchi comprensibilmente si arrabbiano quando i campi di sterminio e di concentramento della Germania nazista sono definiti ‘polacchi’ semplicemente per la loro posizione sul suolo polacco occupato dai tedeschi, ma è stato un grave errore criminalizzare coloro che lo fanno, nel quadro di una legge che, nella sua essenza, minaccia il buon nome e la reputazione internazionale della Polonia”, ha detto Lauder. Il provvedimento al centro della controversia, come sottolineato da Lauder, vieta di accusare la Polonia di complicità con i crimini nazisti e proibisce anche di definire i campi di concentramento costruiti in Polonia dai nazisti come lager “polacchi”. La sua nuova formulazione ora andrà al Senato per essere approvata.

Daniel Reichel