Scuola e religione
Ai figli di un’amica hanno regalato la seconda puntata di un testo di filosofia per bambini, accattivante, anche se potrebbe esserci qualche congiuntivo in più al suo posto, come canta Lorenzo Baglioni ( “Il congiuntivo ha un ruolo distintivo / E si usa per eventi che non sono reali / È relativo a ciò che è soggettivo / E a differenza di altri modi verbali / E adesso che lo sai anche tu / Non lo sbagli più). Ma forse, obietto io, quella del testo di filosofia è una scelta intenzionale, volta ad attrarre un pubblico giovane che magari confonde congiuntivi e congiuntivite, ritenendo entrambi assai pericolosi per la salute. Ad ogni modo, mi racconta l’amica, il testo è ben narrato e mantiene la promessa del titolo, Quattro passi nella filosofia (Emiliano Di Marco, La Nuova Frontiera Junior 2013).
Però, mi confessa con tono di voce più basso, insomma, ogni tanto lo devo un po’ adattare mentre lo leggiamo, perché inizia con Agostino e prosegue con Giordano Bruno, ed è bene che conoscano il contesto politico e culturale in cui costoro operarono. Già, osservo io, va ricordato loro che Giordano Bruno non era solo un anticonformista, eretico per la Chiesa del tempo e quindi divenuto esempio di autonomia intellettuale, ma anche profondamente antisemita.
Ecco, prosegue lei, ho problemi anche a scuola sai? Ricominciano, con la caduta delle foglie e l’arrivo dei panettoni nei supermercati, puntuali ogni anno: i sempreverdi, aggressivi, pervasivi spettacoli scolastici di dicembre, diciamolo pure, spettacoli di Natale, che prevedono a seconda del livello di scolarizzazione canzoni suonate il flauto o, peggio ancora per i più piccoli, cantate. Canti che definire poco politicamente corretti è un eufemismo, continua, in cui l’insegnante si ostina a voler coinvolgere anche i miei figli che da anni sa benissimo essere ebrei; spettacoli che il dirigente scolastico difende in nome della ‘tradizione’, termine tanto vago quanto pericoloso.
Forse, obietto, è come per l’insegnamento di alternativa alla religione cattolica, o le indicazioni alimentari per la mensa scolastica, da richiedere ogni anno anche per gli stessi bambini e all’interno del medesimo ciclo scolastico, non si sa mai che uno non abbia una crisi mistica andando a fare la spesa, alla vista di un pandoro, e non cambi religione, magari ogni anno una diversa? Insomma, forse bisogna mettersi l’animo in pace e sapere che ogni settembre (senza innervosirti troppo, che tanto poi dovresti chiedere scusa prima di Kippur), devi discutere su cosa i tuoi figli canteranno o meno, e quanto sia irrispettoso che questo programma sia svolto nelle ore curricolari obbligatorie, in cui tutti i bambini presenti in classe dovrebbero potersi riconoscere.
Guarda, sospira l’amica, lasciamo perdere, per fortuna qualcuno di intelligente si trova, che riesce a distinguere tra canti tradizionali che possono anche essere condivisi da tutti perlomeno in questo emisfero, atei e buddisti, ebrei e musulmani, sull’inverno che arriva ed il freddo e la neve, o che insegnando musica, in classe premettono subito che alcuni testi sono a discrezione della sensibilità e del credo dello studente. O ancora, chi comprende come un ragazzo possa studiare la storia dell’arte da un punto di vista figurativo, descrivendo le immagini e contestualizzandole, senza essere costretto a conoscerne ed illustrarne il significato religioso cristiano di cui sono impregnate – insomma, Andrea Mantegna ha ritratto un uomo morto da un punto di vista prospettico inedito ed innovativo, paragonato in tempi recenti all’immagine di Ernesto Guevara dopo il suo assassinio, e questo è quello che conta nell’analisi iconografica. Oppure no?
Sara Valentina Di Palma