“L’antisemitismo diffonde l’oscurità lottiamo insieme per riportare la luce”
Gli attacchi antisemiti di Monsey come quelli di Jersey City, di Poway, di Pittsburgh, sono la dimostrazione che “l’oscurità è tornata” e qualcosa si è rotto nella comunità. L’antisemitismo infatti “ha poco a che fare con gli ebrei – sono il suo oggetto, non la sua causa – e tutto a che fare con le disfunzioni delle comunità che lo ospitano”. Lo scrive in un editoriale pubblicato dall’agenzia ebraica Jta rav Jonathan Sacks, già rabbino capo di Gran Bretagna, in una lunga disamina dell’antisemitismo moderno. Il rav apre la sua riflessione facendo citando le feste di Purim e Chanukkah, entrambe legate a forme di antisemitismo. “C’è un’evidente differenza tra le due – scrive il rabbino – Hamman, della storia di Purim, voleva uccidere gli ebrei. Antioco, della storia di Hanukkah, voleva uccidere l’ebraismo. Era la differenza tra la Germania nazista e il comunismo sovietico. Ma c’è un’altra differenza tornata rilevante dopo l’orribile attacco con il coltello a Monsey, a New York: l’influenza di Esther nella corte reale. Ma il pericolo dell’antisemitismo è rimasto. E se l’odio ritornasse e questa volta non ci fosse più Esther a salvare gli ebrei?”. “A Hanukkah, invece, gli ebrei hanno combattuto e vinto. – prosegue il rabbino – I Maccabei divennero un simbolo dell’attivismo ebraico, del rifiuto di vivere nella paura. Come simbolo di questo, l’usanza originale era quella di accendere le luci di Hanukkah fuori dalla porta d’ingresso della casa, o almeno in una finestra che dà sulla strada, per pubblicizzare il miracolo. Oggi vediamo l’illuminazione di Chanukkiot giganti nel volto pubblico più importante delle città di tutto il mondo. Chanukkah ci dice di non maledire l’oscurità, ma di portare luce al mondo. Ci dice di reagire e di non avere paura”.
Poi la riflessione del rav si concentra sulle efferate violenze antisemite che hanno scosso gli Stati Uniti a fine anno – Monsey e Jersey City – ma anche in precedenza – Poway, Pittsburgh -, prova di come la lezione della Storia sia stata presto dimenticata. “Che tutto questo stia avvenendo a memoria d’uomo, dopo il tentativo più sistematico mai fatto da una civiltà di trovare una cura per il virus dell’odio più lungo del mondo – più di mezzo secolo di educazione alla Shoah e di legislazione antirazzista – è quasi incredibile. È particolarmente traumatico che ciò sia accaduto negli Stati Uniti, il Paese dove gli ebrei si sono sentiti più a casa propria che in qualsiasi altro luogo della diaspora. Perché sta accadendo ora?”. “Innanzitutto – scrive il rav – per tutto ciò che riguarda internet, gli smartphone, i video virali e soprattutto i social media. Questi hanno quello che viene chiamato ‘effetto di disinibizione’. Le persone sono molto più odiose quando comunicano per via elettronica rispetto a quando parlano faccia a faccia. Il cyberspazio si è dimostrato il più efficace incubatore di risentimento, rancore e teorie cospirative mai inventato. L’antisemitismo prospera grazie alle teorie cospirazioniste, alle versioni dell’Accusa del sangue e dei Protocolli degli Anziani di Sion, aggiornati per il ventunesimo secolo”.
Secondo elemento che facilita l’antisemitismo è la modalità con cui le persone entrano in contatto con i pregiudizi: “spesso da sole, nell’intimità della propria casa. Questo permette di radicalizzarli senza che nessuno se ne accorga. Si legge continuamente di persone che compiono attacchi orribili, mentre chi le conosceva ricorda di non aver visto alcun segnale di allarme che indichi l’intenzione di commettere attacchi malvagi. Il fenomeno più pericoloso del nostro tempo è l’attacco del ‘lupo solitario’, perché è così difficile da prevedere. Internet è particolarmente pericoloso per i solitari, persone in cui il normale processo di socializzazione – imparare a vivere con altri che non sono come noi – si è interrotto”.
Il terzo elemento dell’antisemitismo citato dal rav è quello che definisce più importante e storicamente più longevo: “la sensazione, in un gruppo, che il mondo così com’è ora non è più quello di una volta, o non dovrebbe esserlo”. Gli estremisti di destra, di sinistra e gli islamisti traducono ciascuno secondo le proprie frustrazioni questa sensazione. “L’estrema sinistra non si è ripresa dal crollo globale del comunismo e del socialismo come ideologie. Da qui l’assalto agli ebrei come capitalisti e libertari. L’estrema destra si sente minacciata dalla mutevole composizione delle società occidentali, a causa dell’immigrazione su una scala senza precedenti e dei bassi tassi di natalità della popolazione autoctona. Da qui i suprematisti bianchi. Molti islamisti radicali sono turbati dalle disfunzioni del mondo musulmano. Da qui l’emergere dell’antisionismo come nuovo antisemitismo”.
Queste preoccupazioni non portano, di per sé, all’antisemitismo, avverte il rav. Serve aggiungere un altro elemento: “Quando accadono cose brutte, le persone buone si chiedono: ‘Che cosa ho fatto di male?’ E risolvono i propri problemi. Ma i cattivi si chiedono: ‘Chi mi ha fatto questo?’ Si gettano come vittime e cercano capri espiatori da incolpare. Il capro espiatorio sono stati a lungo gli ebrei, archetipo del forestiero. Per mille anni sono stati la più importante minoranza non cristiana d’Europa. Oggi, lo Stato di Israele è la più significativa presenza non musulmana in Medio Oriente. È facile dare la colpa agli ebrei perché sono evidenti, perché sono una minoranza e perché ci sono”.
Il rav ricorda poi a tutti coloro che falsano il sillogismo e accusano gli ebrei di essere responsabili dell’odio nei loro confronti che “l’antisemitismo ha poco a che fare con gli ebrei – sono il suo oggetto, non la sua causa – e tutto a che fare con le disfunzioni delle comunità che lo ospitano”.
“L’antisemitismo, o qualsiasi forma di odio, diventa pericoloso in qualsiasi società quando accadono tre cose: quando si sposta dai margini della politica a un partito tradizionale e alla sua leadership; quando il partito vede che la sua popolarità presso l’opinione pubblica non ne viene danneggiata; e quando coloro che si alzano e protestano vengono diffamati e maltrattati per questo. Tutti e tre i fattori esistono ora in Gran Bretagna, denuncia il rav riferendosi all’antisemitismo di Corbyn. “Lo stesso – prosegue – non deve accadere in America”. E perché non accada Sacks suggerisce alcune risposte elementari, come rafforzare la sicurezza nei luoghi ebraici, le pattuglie della polizia e sviluppare sistemi di sorveglianza. “Inoltre, dobbiamo riconoscere che, pur avendo nemici, abbiamo anche amici – e sono molti e forti. In Gran Bretagna, mentre ci trovavamo di fronte a un leader dell’opposizione che molti di noi pensavano avesse reso il suo partito un rifugio sicuro per gli antisionisti e gli antisemiti, è stato estremamente importante che i non ebrei di tutti i ceti sociali si siano espressi a nostro favore. Ci ha fatto sentire di non essere soli”. Questa solidarietà, afferma il rav, deve essere espressa anche negli Stati Uniti (New York si prepara in queste ore ad ospitare una marcia in questo senso). “Non possiamo combattere l’antisemitismo da soli. La vittima non può curare il crimine. Dobbiamo farci degli amici che si schiereranno con noi e ci aiuteranno a condurre la lotta. Il modo migliore per farlo è spiegare come l’antisemitismo mette in pericolo tutti, perché l’odio che inizia con gli ebrei non finisce mai con gli ebrei. Infine, non dobbiamo mai dimenticare il messaggio di Chanukkah: Combatti. Non abbiate mai paura. Qualunque siano le minacce, siate orgogliosi di essere ebrei e condividete questo orgoglio con gli altri. A volte la nostra storia è stata scritta con le lacrime, eppure abbiamo superato ogni impero e ogni civiltà che ha cercato di distruggerci. Il nostro spirito, simboleggiato dalle candele di Hanukkah, è indomito. Dove altri diffondono le tenebre, portiamo la luce”.
Daniel Reichel