Quando gli allievi
saliranno in cattedra

anna segreCapita spesso di valutare cause e conseguenze solo sul breve periodo e di trascurare gli effetti che si manifestano con il trascorrere del tempo. Nel 1815, per esempio, si sarebbe potuto pensare facilmente che la rivoluzione francese, con tanto di dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, fosse stata un completo fallimento, oggi è chiaro a tutti che quei principi sono alla base delle democrazie moderne. Bisognerebbe sospendere il giudizio e aspettare che le conseguenze diluite nel tempo si manifestino, ma non sempre si ha la possibilità (e la volontà) di farlo, soprattutto se si deve andare a votare ogni quattro o cinque anni. Queste riflessioni si possono applicare a innumerevoli ambiti, dalla politica italiana ed europea alla vita delle nostre Comunità, dai mutamenti climatici al processo di pace in Israele. In molti di questi ambiti, anche se purtroppo non in tutti, la prospettiva del lungo periodo può offrire uno spiraglio di cauto ottimismo.
In particolare vorrei soffermarmi a considerare il mondo della scuola, fatto di allievi e di insegnanti che a loro volta sono stati allievi e tendono istintivamente a riprodurre il modello di scuola a cui sono stati abituati. Questo significa che ogni novità o riforma ha bisogno di più di una generazione per mostrare pienamente i propri effetti: è necessario attendere che gli alunni che l’hanno subita salgano a loro volta in cattedra.
Dunque forse vent’anni non sono sufficienti per valutare correttamente gli effetti del Giorno della Memoria sulla società italiana. La scuola di oggi è fatta di insegnanti che in gran parte sanno poco o nulla della Shoah e in generale della storia del XX secolo, e, cosa ancora più significativa, non sono stati educati a dare importanza a certi temi. Che tipo di insegnanti saranno i giovani che sono cresciuti tra film, recite, libri, discussioni, documentari, e talvolta testimonianze dal vivo? Chissà, forse per loro parlare di memoria non apparirà come una fastidiosa incombenza ma sarà una cosa normale, per di più strettamente legata ai ricordi della loro infanzia e adolescenza. Ovviamente non possiamo essere sicuri che sarà così, ma almeno possiamo prendere in considerazione questa ipotesi: con i tempi che corrono è già qualcosa.

Anna Segre