Ravvedersi seriamente
“Voi siete oggi tutti quanti presenti davanti al Signore vostro D-o….” (Devarìm 29;9)
La parashà che leggeremo questo Shabbat inizia con queste parole che debbono farci riflettere molto, anche perché la parashà di nitzavim viene sempre letta lo Shabbat che precede Rosh haShanah.
La parola “nitzavim” significa letteralmente “stare dritti in piedi”, nello stesso modo che si sta in un tribunale, in attesa di un verdetto.
Quel verdetto che verrà emanato alla fine di Yom Kippur, dopo aver trascorso dieci giorni chiamati “di ritorno”, ossia di introspezione per rendersi conto delle azioni buone o meno, commesse nell’anno appena trascorso.
Un famoso rabbino italiano del secolo scorso faceva notare la sequenza delle tre parashot che vengono lette nei tre sabati che precedono Rosh haShanah:
KI tetzé, ki tavò, nitzavim.
KI tetzé – quando uscirai, quando comincerai a divenire o considerarti autonomo, te ne andrai dalla casa paterna, pieno d’orgoglio, pensando di essere in grado di superare le difficoltà che ti si presenteranno durante il percorso che farai.
Quando, accorgendosi di non farcela da solo, deciderai di tornare indietro allora
Ki tavò – quando verrai, tornerai alla casa paterna, con la “cenere in testa”, consapevole di aver commesso un grave errore.
Ma per questo motivo però, dovrai sottostare
Nitzavim – stare in piedi, a quelli che sono i rimproveri dei genitori per aver commesso un gesto avventato.
Ecco, questo deve essere il nostro comportamento: la facoltà di ravvedersi seriamente per poter iniziare un nuovo periodo con la serenità necessaria.
Rav Alberto Sermoneta, rabbino capo di Bologna