Dalla parte dell’Ucraina,
l’impegno del mondo ebraico

“Chi può apra le porte per dare accoglienza o per aiutare le persone in arrivo. Sarà sempre più importante coordinare i nostri sforzi”. Il mondo ebraico italiano in queste settimane si è mobilitato per dare il proprio contributo nell’aiutare la popolazione ucraina. Come raccontato su queste pagine, diverse realtà ebraiche si sono impegnate nel dare accoglienza o raccogliere i beni di prima necessità per aiutare i profughi del conflitto scatenato in Ucraina dalla Russia ormai un mese fa.
“C’è grande desiderio e impegno a fare, sarà importante però creare una rete tra le Comunità per collaborare, evitando così il rischio di disperdere energie e creare confusione”, spiega il vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Milo Hasbani, referente per le iniziative di accoglienza per UCEI e Comunità ebraica di Milano. “In queste settimane il lavoro è stato intenso. A Milano abbiamo trovato una sistemazione a una famiglia di cinque persone, accolta poco fuori città. Sono andato insieme a loro a presentare la famiglia ospitante, che ha dato un benvenuto veramente caloroso. Ha fatto dei doni ai ragazzi e cercato di mettere il più possibile a proprio agio queste persone che si portano dietro un carico emotivo veramente pesante. Avevano una vita in Ucraina, sono professionisti che lì avevano un lavoro, vogliono tornare appena possibile a casa loro”. Un sentimento, il desiderio di tornare in Ucraina, condiviso dalle altre persone incontrate fino a qui, aggiunge Hasbani. “Abbiamo trovato una sistemazione a una ragazza di 29 anni. La madre è andata in Israele, ma lei vorrebbe tornare in Ucraina”. Diverse persone della Comunità assieme a Lela Sadikario dell’American Jewish Joint Distribution Committee si sono prese cura di lei, aiutandola nelle questioni burocratiche, sanitarie, nel prendere un abbonamento ai mezzi. “Sono cose apparentemente semplici, ma serve organizzazione per fornirle e buona volontà”. In arrivo c’è anche un’altra giovane di 26 anni, così come una famiglia di quattro persone: madre, gemellini di undici mesi e nonna. “Stiamo sistemando un appartamento che può accogliere tre famiglie, ma servono i mobili. Stiamo recuperando letti, armadi, tavoli, e cosi via. Per questo è stata fatta una richiesta agli iscritti della comunità per avere aiuto”. Serve fornire l’immobile di tutto il necessario per essere abitabile, ma anche garantire altro. Da qui il lancio della raccolta organizzata alla Comunità per venerdì 24 marzo (8.30 – 15.30). Alimenti, beni per la prima infanzia, per l’igiene personale, ma anche posate e piatti di carta, nell’elenco di cosa si può donare. Un’altra raccolta, aperta a tutta la città è invece in programma domenica davanti al Memoriale della Shoah, con la partecipazione di diverse sigle cittadine e la collaborazione dei City Angels. “Dalla parte dell’Ucraina” l’emblematico titolo dell’iniziativa.
“Parte del materiale raccolto servirà per i prossimi arrivi. Dobbiamo essere consapevoli che siamo solo all’inizio. In Polonia e nelle altre realtà di confine hanno già superato i limiti”.
Chi è appena tornato dal confine polacco è la delegazione dell’Hashomer Hatzair, con un furgone partito da Roma, con tappa a Milano, carico di beni di prima necessità da distribuire in un campo profughi e da spedire in Ucraina. “Siamo andati a Przemysl dove l’Hashomer assieme a un’altra ong israeliana, Natan, gestisce un asilo per bambini all’interno di un enorme centro commerciale ora adibito a luogo di accoglienza. Li abbiamo trovato la shlicha da Roma Shiry Caftori e il suo compagno Itai Ben Nun – ha raccontato a Pagine Ebraiche Riccardo Correggia, partito da Milano assieme a Tamar Fiano – L’impatto è stato forte. Ci sono persone ovunque perché il flusso degli arrivi è continuo. Le persone sono divise, più o meno, per le nazioni che poi le accoglieranno. Noi come Hashomer ci occupiamo dei più piccoli: ci sono bambini dai due-tre anni fino a dodici anni all’incirca”. Il lavoro è diviso in turni con la presenza di volontari che sanno ucraino o russo e l’obiettivo è quello di alleggerire questi bambini dall’enorme stress. “Ovviamente comunicare senza sapere la lingua è difficile, ma ci sono altri modi. Io ho giocato con loro a calcio e ci sono tante attività: si disegna, si balla, si guardano film. Ho visto diversi bambini che con i lego hanno fatto la bandiera ucraina”. Tra le immagini rimaste impresse, il muro di disegni che continua a riempirsi e un piccolo addormentatosi su una pila di peluche.

“La stragrande maggioranza di chi arriva sono donne e bambini. Il nostro impegno è ad accogliere chiunque, chiaramente secondo le nostre possibilità. – sottolinea Hasbani, tra coloro che si sono spesi per aiutare la delegazione dell’Hashomer – Il nostro appello a tutte le Comunità e ai singoli è di mettere a disposizione spazi per ospitare. La Comunità ebraica di Milano, l’Unione e la Joint sono pronte a dare un aiuto alle famiglie che vorranno farlo”.

dr

(Nelle immagini, il centro per l’infanzia gestito dall’Hashomer Hatzair a Przemysl, sul confine tra Polonia e Ucraina, e i giovani dell’Hashomer Riccardo Correggia e Tamar Fiano)