MEMORIA – La risposta del Cdec al docente che chiama gli israeliani “carnefici”
“Non potrà essere un Giorno della Memoria come gli altri”. Con questo titolo il sito del liceo scientifico statale Bottoni di Milano pubblica la lettera aperta che un suo docente di storia indirizza ai rappresentanti della comunità ebraica di Milano, a istituti e musei di storia contemporanea e a enti e istituzioni che lavorano sul tema della memoria storica. Il professor Lorenzo Mazzi descrive il suo disagio nel dedicare anche questo anno iniziative e lezioni alla ricorrenza del Giorno della Memoria, “Perché non potrà essere come gli altri anni, non potremo fare finta di nulla, non potremo chiudere gli occhi di fronte a quello che sta avvenendo a Gaza. Proprio una parte di quel popolo vittima della Shoah, di cui tante volte abbiamo raccontato, cercando di tenere viva la memoria e di educare i giovani alla lotta contro tutte le discriminazioni e i pregiudizi, la parte che difende e sostiene le politiche scellerate degli ultimi decenni della destra israeliana, si è trasformata in carnefice, ai danni di una popolazione inerme che in gran parte non ha responsabilità alcuna negli attacchi tragici ed esecrabili del 7 ottobre”.
Risponde Gadi Luzzatto Voghera, storico e direttore della Fondazione CDEC, Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea: “faccio seguito alla sua lettera-appello proponendole alcune considerazioni che spero potranno esserle utili. Si tratta di riflessioni che scrivo a titolo personale. Gli istituti di cultura e la stessa comunità ebraica a cui lei si rivolge sono organismi fatti da individui e non sono partiti politici né organizzazioni ideologiche. Di fronte all’enormità dei conflitti in corso e all’indicibilità della Shoah le risposte non possono che riflettere la sensibilità e la formazione dei singoli. (…) Non c’è dubbio che il Giorno della Memoria di questo 2024 non potrà essere come quelli che lo hanno preceduto. Ma non per le ragioni che lei suggerisce. Non c’è infatti alcuna relazione storica né politica che leghi i drammatici bombardamenti su Gaza alla memoria della Shoah. È diverso il momento storico, è un’altra la situazione geopolitica, sono differenti gli attori. Se per ogni atto della storia dovessimo istituire connessioni con il passato (recente o lontano) non riusciremmo più a orientarci e a valutare le dinamiche della storia stessa. Se fosse valido il richiamo che lei compie (“una parte di quel popolo vittima della Shoah… si è trasformata in carnefice”) allora dovremmo connettere una parte di quel popolo oggi vittima dei bombardamenti alle azioni del Muftì di Gerusalemme e della sua cricca che durante gli anni del nazismo si alleò con Hitler con l’intento dichiarato di sterminare gli ebrei. Capirà bene che è un ragionamento improponibile, un modo sbagliato e distorto di intendere la storia. Il Giorno della Memoria è una data istituita dal Parlamento, intesa a responsabilizzare i cittadini e le cittadine del nostro paese affinché si informino su un episodio recente della storia d’Italia che ha visto la persecuzione e la deportazione di una parte della stessa popolazione italiana solo in base a una falsa categorizzazione razzista e ideologica. Come cittadini veniamo chiamati ad assumerci la responsabilità di quella storia perché ci serva da monito per il futuro. E per il presente, poiché il regime fascista (e la maggioranza degli italiani allora) mise in atto una politica fondata sull’antisemitismo, e purtroppo quella ideologia – l’antisemitismo – è oggi una piaga che attraversa le nostre società in maniera profonda, minacciando l’ormai esangue minoranza ebraica anche in Italia. Quindi sì, il Giorno della Memoria 2024 è diverso da quelli passati innanzitutto perché ancora una volta, dopo ottant’anni, in Italia si registra un’ondata di antisemitismo, gli studenti di religione ebraica hanno timore a frequentare le scuole e le università dove subiscono continue minacce, gli ebrei osservanti coprono i loro simboli religiosi e nascondono la propria identità nel timore di subire azioni violente, le sinagoghe sono presidiate da apparati di sicurezza per consentire il diritto di libertà religiosa che è sancito dalla nostra Costituzione, ma è messo in forse da violenze e minacce”.
Continua ricordando che chiunque abbia una coscienza non può non rimanere colpito dalle immagini dei civili coinvolti: “Succede in tutte le guerre moderne, e lei da docente di storia sono certo che ne illustra le dinamiche alle sue studentesse e ai suoi studenti. Per dire dei più recenti massacri di civili, è successo non più tardi di due anni fa a Mariupol, in Ucraina, dove sono morti non meno di 35.000 civili durante un assedio crudele e bombardamenti non proprio “chirurgici”. È accaduto nel Tigray, dove dal 2020 sono morti centinaia di migliaia di civili massacrati dagli eserciti eritreo ed etiope nel silenzio più assoluto della comunità internazionale. Succede quotidianamente in Kurdistan,(…) E succede, pensi, anche in Israele, dove il 7 ottobre scorso sono stati uccisi tra i 1200 e i 1400 israeliani (ebrei, musulmani, drusi, immigrati thailandesi) massacrati e violentati da migliaia di terroristi palestinesi organizzati da Hamas e dalla Jihad islamica. In Israele dove centinaia di migliaia di persone sono state costrette ad abbandonare le proprie case e a rifugiarsi in zone più protette, subendo comunque continui bombardamenti che proseguono anche in questi minuti. La guerra, quindi, che colpisce in maniera tragica soprattutto le popolazioni civili. Tutte le popolazioni civili”.
Dopo una ulteriore contestazione alla ricostruzione storica con cui il professor Mazzi pare suggerire una analisi troppo semplicistica della situazione Luzzatto Voghera conclude: “Dobbiamo offrire nelle nostre società europee e naturalmente in Italia le condizioni e gli spazi per un dialogo che è possibile e necessario. Non possiamo consentire che nelle nostre piazze (e a maggior ragione nelle nostre scuole) si ripropongano linguaggi ed espressioni di odio e di violenza che scimmiottano lo scontro militare che a poche ore di volo da noi provoca indicibili lutti. È responsabilità di noi tutti, e della scuola in particolare, di favorire ogni possibile forma di dialogo, di incontro, di conoscenza. Gli appelli per la pace, per il cessate il fuoco, sono episodi colmi di buone intenzioni ma purtroppo inefficaci. Meglio usare gli spazi dell’educazione per favorire un’informazione profonda, lontana dai pregiudizi e da versioni troppo spesso ideologiche che il mondo della comunicazione ci offre in maniera copiosa. Resto convinto, per concludere, che il Giorno della Memoria rappresenti un’occasione unica per interrogarci sulle potenzialità distruttive che le nostre società hanno nel proprio seno, e che dobbiamo essere allenati a conoscere, individuare e contrastare”.