Il successo di Jewish and the City. Numeri, approfondimento e condivisione
“Vi ringrazio per aver bussato alle nostre porte, aiutandoci a ricordare chi siamo. Troppo spesso di ebrei ed ebraismo si parla solo in relazione alla Shoah. Qui invece abbiamo raccontato l’ebraismo vivo. Perché conoscersi è fondamentale”. Così rav Roberto Della Rocca, direttore scientifico di Jewish and the City e del Dipartimento educazione e cultura dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha ringraziato la cittadinanza milanese, parlando di fronte alla Sinagoga centrale gremita in ogni ordine di posti, salutando il pubblico del festival. Successo oltre ogni aspettativa infatti per la rassegna di cultura ebraica organizzata dalla Comunità e dal Comune di Milano con il patrocinio di UCEI, Rai, Regione e Provincia, che ha proposto oltre 40 eventi, incontri, concerti, conferenze, lezioni e laboratori, offrendo le riflessioni di decine di relatori provenienti da tutta Italia e non solo, con le prime stime che parlano di oltre diecimila presenze.
Ma i numeri non bastano a raccontare fino in fondo cos’è stata la manifestazione. Va menzionato anche il livello delle istituzioni che hanno voluto far parte della sfida, dall’Università degli studi alla Fondazione Corriere, dal Teatro Parenti alla Biblioteca Sormani. Bisogna ricordare la mobilitazione di tante organizzazioni ebraiche e non ebraiche, che hanno messo a disposizione competenze specifiche, sedi, supporto materiale. E infine, non si può non fare riferimento alla profondità e varietà dell’offerta culturale, che ha saputo conquistare cittadini milanesi di diversi background, compresi gli stessi iscritti alla Comunità, di cui va segnalata un’alta partecipazione.
Parole, silenzio, musica. Così si possono raccontare le ore finali del festival. Le parole dedicate al silenzio fluite nel corso degli ultimi due incontri alla Sinagoga centrale, il confronto fra tradizione scritta e tradizione orale con protagonisti il rabbino Benedetto Carucci Viterbi, il priore Enzo Bianchi, lo scrittore e biblista Erri De Luca, e la lectio magistralis del talmudista francese Marc-Alain Ouaknin, introdotti dalla saggista Gabriella Caramore e accompagnati dalla chitarra del maestro Emanuele Segre. Il silenzio come elemento necessario a far emergere la parola, il silenzio nel rapporto con D-o, il silenzio e i suoi vari significati sono stati esplorati nel corso delle conferenze. Poi, mentre si spegnevano gli echi delle ultime frasi di Ouaknin, ecco provenire, dall’esterno della sinagoga, le melodie balcaniche del gruppo Nemo Problema che ha poi accompagnato il pubblico verso la Rotonda della Besana, in un corteo festoso e allegro, un autentico fiume di gente che ha invaso le strade per godersi poi il grande arrivederci di Jewish and the City alla città sulle note klezmer del Trio Nefesh.
Così tra balli improvvisati (imperdibile il girotondo con, tra gli altri il presidente della Comunità Walker Meghnagi, il vicepresidente UCEI Roberto Jarach, gli assessori alla Cultura e alla Casa di Riposo della Comunità Daniele Cohen e Claudio Gabbai), battiti di mani e commenti pieni di soddisfazione sul festival è calato il sipario. E già qualcuno ha cominciato a chiedersi, dopo “Shabbat, spazio al tempo” quale potrà essere il tema da esplorare nell’edizione dell’anno prossimo.
Rossella Tercatin twitter @rtercatinmoked
(2 ottobre 2013)