Nel nome di Charlie
Il 7 gennaio del 2015 i fratelli Kouachi hanno massacrato la redazione di Charlie Hebdo in un bagno di sangue innominabile, eseguito nel nome di Daesh. Sono seguiti l’assassinio di una poliziotta il giorno successivo e le quattro vittime di Amedy Coulibaly all’Hyper Cacher il giorno 9. Oggi è su internet e sulle reti sociali che l’offensiva dell’oscurantismo contro la democrazia si è particolarmente consolidata.
Son passati quattro anni da quel 7 gennaio. I tweet traboccanti di fake news colme di odio, razzismo, menzogne, violenze, volgarità, ignoranza e delegittimazione hanno rimpiazzato i kalashnikov. Sono le conquiste di decenni di lotta per la democrazia che sono assassinate ogni giorno, insidiosamente, quasi senza versare sangue. Una delle vittime dirette di questa deriva è la libertà di espressione, insieme a quella di stampa e di opinione.
Cabu, Wolinski, Tignous, Charb e Honoré restano il nostro esempio, malgrado ciò.
Michel Kichka, disegnatore
(7 gennaio 2019)