Italia, via libera al Recovery Plan
Il Consiglio dei Ministri ha approvato nella notte il Recovery Plan: 172 pagine che, spiega il Corriere della Sera, descrivono i programmi di spesa con i quali il governo chiederà alla commissione europea i 209 miliardi di euro destinati all’Italia tra prestiti e trasferimenti nel periodo 2021-2026 nell’ambito del progetto Next generation Eu per rilanciare l’Unione dopo la pandemia”. Nella nuova versione, sono stati portati a 20 miliardi i fondi per la Sanità, 46 miliardi andranno a digitalizzazione e cultura e 28 all’istruzione. Il via libera al programma modificato è arrivato con l’astensione delle ministre di Italia Viva. E, titolano i principali quotidiani, tra il partito di Renzi e il Presidente del Consiglio Conte oggi sarà la giornata decisiva. Si capirà il futuro del governo: se sarà Conte ter e in quale forma; se ci si dirigerà verso un esecutivo “di scopo”, allargato a tutte le forze politiche; se, in piena pandemia e con la campagna vaccinale da gestire, si tornerà alle urne.
Impeachment. Nella notte il vicepresidente Usa Mike Pence ha escluso la possibilità di ricorrere al 25° emendamento per rimuovere Donald Trump dalla presidenza. Dal Texas, Trump ha difeso il suo discorso di Washington, genesi dell’assalto al Campidoglio, definendolo “appropriato”. Non lo considera tale, scrivono Repubblica e Corriere, la figura più influente tra i repubblicani: Mitch McConnell, capo del partito al Senato. McConnell, per quattro anni strenuo difensore delle politiche di Trump, sarebbe ora favorevole al suo impeachment. “Quanti repubblicani farebbero la stessa cosa? Ne servono 17 per raggiungere il quorum dei due terzi necessario per una sentenza di colpevolezza. Il vecchio blocco repubblicano, schierato nella difesa a oltranza di Trump, sta franando. – scrive Corriere – Vedremo fino a che punto. Oggi almeno dieci deputati potrebbero votare con i democratici per avviare formalmente l’impeachment alla Camera”.
Il futuro di Trump. Per Giuliano Ferrara (Foglio), l’impeachment potrebbe trasformare Trump da “loser a vittima dell’establishment” e sarebbe una strada da evitare per non concedergli un altro palcoscenico. Per Fiamma Nirenstein (Giornale) invece la messa in stato d’accusa del presidente è “un accanimento” e una “purga contro i conservatori”, così come la sua sospensione dalle diverse piattaforme social. Di parere opposto il premio Pulitzer Viet Thanh Nguyen: “I conservatori continuano a usare lo spauracchio della ‘cultura della cancellazione’ per difendere un linguaggio fatto di soprusi, violenze o palesi falsità: come le assurde teorie secondo cui le elezioni americane sono state truccate. – afferma il giornalista a Repubblica – Ma la libertà d’espressione non è senza condizioni. Non consiste nel dire qualsiasi cosa senza pagarne mai le conseguenze. Ci sono limiti”.
Antisemitismo e fascismo digitale. Le procure di Torino e Firenze stanno indagando su due preoccupanti casi di odio online, al centro di diversi approfondimenti sui quotidiani di oggi. Il primo è legato all’attacco antisemita su Zoom durante la presentazione dell’ultimo libro di Lia Tagliacozzo, che in diverse interviste racconta l’accaduto e auspica che le piattaforme si dotino di strumenti per rintracciare immediatamente gli incursori. “Iene da tastiera”, le definisce a Repubblica Vittorio Rizzi, vicecapo della Polizia di Stato e presidente dell’Oscad – Agiscono come gli stalker, ma partono in branco facendosi forti dell’anonimato garantito e della facilità di accesso. La condotta non cambia: l’odio resta odio. La modalità è figlia dei tempi che viviamo”. Elemento messo in luce anche da Elena Loewenthal su La Stampa. E al peggio non c’è mai fine, come dimostra l’indagine degli inquirenti in Toscana: una ventina di giovani, in prevalenza minorenni, residenti in varie regioni italiane, si scambiava su Whatsapp “centinaia di foto e filmati con bambini in tenera età costretti a subire atti sessuali ‘disumani’. – riporta Repubblica Firenze – E poi decine di video e “sticker” inneggianti a Hitler, ai campi di concentramento nazisti e ad atti violenti verso disabili”.
Sheldon Adelson (1933-2021). Uno degli uomini più influenti del mondo conservatore americano e israeliano. Magnate dei casinò e proprietario di mezzi di comunicazione negli Stati Uniti e in Israele, Sheldon Adelson ha lasciato un segno profondo nella politica di entrambi i paesi. Scomparso ieri a 87 anni, a farne un ritratto oggi sono il Corriere della Sera e il Foglio. “Nato a Boston, figlio di un autista di taxi, Adelson cominciò da zero e conobbe subito l’antisemitismo: costretto con gli altri ragazzi ebrei ad andare a scuola sempre in gruppi di quattro per evitare le aggressioni dei ragazzi irlandesi”, ricorda il Corriere. Sostenitore e finanziatore del Presidente Trump e del Premier Benjamin Netanyahu, per il Foglio Adelson è “passato ‘all’incasso’ svolgendo un ruolo importante nello spingere Trump a spostare l’ambasciata degli Stati Uniti da Tel Aviv a Gerusalemme, a ritirare gli Stati Uniti dall’accordo nucleare con l’Iran (contro cui Netanyahu si era a lungo battuto) e a riconoscere la sovranità israeliana sul Golan”.
Segnalibro. Un romanzo che fa emergere i “lati oscuri e meno noti originati dalle leggi razziali e dalla deportazione degli ebrei romani”. È la nuova opera di Lia Levi, Ognuno accanto alla sua notte (e/o), in questi giorni in libreria, di cui il Secolo XIX pubblica oggi un’anticipazione. Aldo Cazzullo sul Corriere presenta invece Nuovo dizionario sentimentale (Marsilio), ultimo libro di Giampiero Mughini. “Farà discutere – anticipa Cazzullo – il capitolo intitolato Quando i terroristi erano degli ebrei, in cui viene ricostruita la lunga e dura battaglia contro gli inglesi e contro gli arabi per dare al popolo di Israele una patria”. In arrivo in libreria anche Ci salveremo insieme. Una famiglia ebrea nella tempesta della guerra (Mulino), testimonianza di Ada Ottolenghi. “Racconta fatti avvenuti tra il 1940 e il 1944 tra Porto Corsini, le valli di Comacchio, Ravenna, Cotignola, con una fuga finale verso Roma, dove stavano per arrivare gli Alleati”, spiega oggi il Corriere Bologna, parlando di un libro che si “legge tutto di un fiato: luminoso, nonostante racconti cose terribili, la discriminazione, la paura, la minaccia”.
Titoli vergognosi. “Il Kapò che ama la censura”, il titolo vergognoso di Libero usato per attaccare oggi il giornalista Beppe Severgnini. Non solo, sulle stesse pagine Vittorio Feltri fa anche l’elogio di “faccetta nera”, sostenendo che sia solamente un “elogio della pelle nera”.
Daniel Reichel