“Ustica, ferita profonda”
“La strage avvenuta nel cielo di Ustica la sera del 27 giugno 1980 è impressa nella memoria della Repubblica con caratteri che non si potranno cancellare. Nella ricorrenza dei quarant’anni, sentiamo ancora più forte il legame di solidarietà con i familiari delle ottantuno vittime e ci uniamo nel ricordo di chi allora perse la vita, con una ferita profonda nella nostra comunità nazionale”. È il messaggio del Capo dello Stato Sergio Mattarella nel 40esimo anniversario della strage. Torna a prendere quota, come rivelato ieri dalla Stampa, la pista palestinese.
È prevista per mercoledì la presentazione del piano di annessione israeliana di parte della Cisgiordania. L’ipotesi è che si vada verso un parziale ridimensionamento dell’iniziativa. “Stando agli sviluppi degli ultimi giorni – scrive Avvenire</a> – si ipotizza che la proposta potrebbe prevedere l’estensione della sovranità israeliana su un’area inferiore rispetto a quella suggerita dalla Casa Bianca: circa il 20% della Cisgiordania invece del 30%”.
Non si impegna a sufficienza contro le parole dell’odio. Questa l’accusa rivolta a Facebook dalla Coca Cola e da altri importanti brand, che hanno scelto di sospendere ogni forma di promozione pubblicitaria sul popolare social network. A lanciare l’iniziativa di boicottaggio è stata la National Association for the Advancement of Colored People (Naacp), con un messaggio condiviso da parti significative del mondo dell’impresa. “L’accusa – scrive La Stampa – è che il re dei social non faccia abbastanza per limitare i contenuti razzisti e violenti sulla sua piattaforma”.
Su Repubblica Bernard-Henri Levy racconta la sua esperienza tra i profughi abbandonati sull’isola di Lesbo. Spiega il noto intellettuale: “È una delle più belle isole greche, fra quelle più cariche di storia e di leggenda. Oggi è la capitale europea del dolore. Nel campo ci sono 19mila profughi che hanno un litro d’acqua al giorno per bere, lavarsi e cucinare. Non c’è altro da fare che mettersi in fila. I ragazzini smettono di parlare e finiscono col cercare la morte”.
In una intervista con il Corriere l’attrice Franca Valeri, 100 anni a luglio, racconta la sua gioventù segnata dalle leggi razziste, le persecuzioni e la vista del cadavere di Mussolini a Piazzale Loreto. “Mia mamma era disperata a sapermi in giro da sola. In quei giorni a Milano si sparava ancora per strada. Ma io volevo vedere se il Duce era davvero morto. E vuol sapere se ho provato pietà? No. Nessuna pietà. Ora è comodo giudicare a distanza. Bisogna averle vissute, le cose. E noi – afferma Valeri – avevamo sofferto troppo”.
Nuove inquietanti ombre affiorano sulla dirigenza regionale siciliana. Dopo il caso dell’assessore Samonà e delle sue lodi giovanili alle SS è ora il caso del governatore Nello Musumeci, autore nel 1986 di un libro celebrativo dell’esponente repubblichino Filippo Anfuso, ambasciatore di Salò a Berlino che finì poi a processo perché sospettato di essere uno dei mandanti dell’omicidio dei fratelli Rosselli. Il Fatto Quotidiano segnala la nota dell’Anpi, che sottolinea: “Ci chiediamo come si possa essere nostalgici del fascismo, avversari della democrazia, nemici della Costituzione e nello stesso tempo rappresentare le istituzioni della nostra Repubblica”.
È scomparso all’età di 91 anni Milton Glaser, tra i più importanti grafici e comunicatori al mondo. “Glaser – scrive tra gli altri La Stampa – era nato nel 1929 da genitori ebrei ungheresi ed era cresciuto in un caratteristico ‘co-ops’, quella tipologia di condomini espressione dell’edilizia cooperativa dove il vivere associato coincideva con una forma di socializzazione politica. Che, giustappunto, teneva insieme in maniera non disgiungibile ebraismo e militanza di sinistra, un’eredità che l’artista porterà sempre con sé, e ne farà una delle icone grafiche dei tempi della controcultura”.
Voglio che sappiate che ci siamo ancora. Si intitola così il libro di Esther Safran Foer, pubblicato in Italia da Guanda. Come il figlio Jonathan ha fatto per Ogni cosa è illuminata, anche lei è stata nel cuore di quell’Europa orientale scenario delle sofferte vicende familiari al tempo della Shoah. Madre e figlio ne parlano sulla Lettura del Corriere. Racconta Jonathan: “Quando partii io, provavo interesse, ma non posso dire che fossi altrettanto preparato. Mia madre, qualche anno dopo, aveva raccolto tantissime informazioni, si era rivolta persino all’Fbi. Quello era davvero il suo viaggio: era lei che, più di me, sentiva da anni il ‘vuoto’, la mancanza da colmare”.
Sulla Lettura Alessandro Piperno presenta un classico della letteratura yiddish, Il mago di Lublino di Isaac Bashevis Singer, di cui Adelphi pubblica una nuova edizione. “Un romanzo – scrive Piperno – nel quale gli eventi hanno luogo con strabiliante rapidità (tutto precipita), come se uno dei suoi famosi racconti gli avesse preso la mano”.
David Bidussa, sul domenicale del Sole 24 Ore, presenta il saggio La memoria, i traumi, la storia. La guerra e le catastrofi nel Novecento (ed. Viella) di Gabriella Gribaudi. “Nella storia che Gribaudi mette al centro di questo suo libro – spiega Bidussa – ci sono tanti episodi che non hanno innestato traumi (per esempio la casa bombardata dagli eserciti liberatori) perché la scena del dopo ha spesso inghiottito lo shock subìto, come episodi che, viceversa, hanno generato traumi profondi ma che non hanno avuto dignità di ascolto né allora né dopo”.
Sempre sul domenicale si presenta Il corpo e il nome (ed. Viella), di Alessia Glielmi. Il volume è dedicato al lavoro di identificazione delle vittime dell’eccidio delle Fosse Ardeatine tra il 1944 e il 1963. A spiccare nel libro è la figura del medico-legale Attilio Ascarelli.
Sul Manifesto Giorgio Fabre attacca Bidussa e il suo ultimo libro La misura del potere (ed. Solferino), dedicato a Pio XII e ai totalitarismi tra il 1932 e il 1948, accusando l’autore di “utilizzo maldestro o quantomeno disinvolto dei documenti”.
L’Espresso ricorda il giornalista tedesco Fritz Gerlich, che fu tra i primi in Germania a cogliere il pericolo del nazismo e che pagò la sua scelta di denuncia con la prigionia e la morte. Gerlich e gli uomini e le donne come lui continuano a parlarci perché, si legge, “se invece che ipocritamente emozionarci alle loro vicende li ascoltiamo con attenzione, sono lì per dirci chi siamo e cosa forse dovremmo piuttosto sforzarci di essere”.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
(28 giugno 2020)